Agosto è uno spartiacque. Dietro, le promesse di un’estate che quasi sempre delude. Davanti, la certezza degli ultimi mesi, e di un anno che termina. Garcia Lorca diceva che i suoi tramonti sono Controluce di pesca e zucchero, ma nel tramonto visibilmente anticipato del mese di agosto si vede già la fine dell'estate. Agosto mette alla prova le nostre stagioni di vita. Da bambini era mezza estate, perché l'intercapedine di settembre ancora rassicurava dall'inizio della scuola. Angoscia suprema. Da ragazzi invece il secondo mese estivo, ma con profumo di malinconia. L'estate finiva con la partenza degli amici e degli amori. Veri o presunti, a quell'età poco cambiava.
Bastava portarsi dentro un pensiero per la sera.
Ad agosto si scrive poco e si legge molto. È un mese frullatore, che centrifuga le riflessioni e le prepara per settembre.
Agosto è Cesare Pavese.
In questo mese, sull'orlo iniziale, arrivò a Brancaleone con le manette ai polsi.
Brancaleone Calabro.
E lì cominciò a scrivere il suo atroce diario.
Il mestiere di vivere. Che è un lavoro difficile.
Nello stesso mese, ma quindici anni dopo, Cesare si perse per sempre nella pioggia.
Ad agosto, sull'orlo finale.
Accade in agosto che si squarci l'estate. Nei pomeriggi ci vengono a trovare nuvole.
Anzi, a cercare, come direbbe Ungaretti.
Avvengono tuoni lontani. Qualche goccia di pioggia, forse.
Un paio di ore, poi l'estate torna luminosa e calda, ma porta dentro le tracce della fine.
Tutto ciò che va verso la fine splende di più. Come le stelle che tutti noi la notte del decimo giorno si accingiamo ad attendere.
E guardare.
In realtà le stelle cadono sempre. E ci perdiamo gli splendori di ogni notte, per guardare il cielo una notte sola.
E che vogliamo dire delle relazioni umane?
Ad agosto.
Si sfilacciano, si interrompono, si piegano alla superficialità imposta dalla leggerezza estiva.
Regge ciò che è vero. Ma devono essere molto solide, le relazioni umane, a reggere all'ottavo mese, ed a una società liquida che archivia conoscenze ed amicizie a ritmi vertiginosi.
Agosto è quindi una verifica.
Anzi, un'occasione.
Perché l'overbooking di fittizie relazioni umane non può che portare rammarichi.
E ne possiamo fare anche a meno, direi.
I rammarichi pesano parecchio sulla schiena dell'esistenza.
Sento urlare all'improvviso.
Due auto all'incrocio stavano per urtare, indecise sulla precedenza.
I conducenti si mandano a fan culo in dialetti diversi.
Il calabrese lo comprendo. L'altro è un misto di francese e padano.
Le auto dietro suonano. I motorini sfuggono alla ressa passando da dove possono. Qualche cane sui balconi abbaia.
Penso alle notti quiete di ottobre e mi convinco che il problema di agosto, senza scomodare poeti e scrittori, è il traffico.
Solo il traffico. Null'altro.