Il nuovo spot pubblicitario intessuto sul tema d’una mesta, tenera e dolcissima bimba che sogna i propri genitori tornare a vivere insieme, superando le incomprensioni che li hanno allontanati, ha suscitato svariate polemiche “pregiudizievoli” e “partigiane”, poiché provenienti da un pensiero “adulto”, rigido e non elastico come quello “infantile”, ricchissimo di creatività, immaginazione e, soprattutto, speranze, nonché spunto per la riflessione.
L’età del malessere
E sì, perché la realtà dev’essere letta “tutta”, e da tutti, e ognuno dei suoi protagonisti dev’essere in grado di parteciparvi attivamente, interpretandola o comprendendola, e forse pure realizzandola, a proprio modo e non supinamente. Gli occhi malinconici della bambina rappresentano bene questo trascurato coinvolgimento che pure esiste, anche se misconosciuto e spesso inespresso in termini differenti, che non siano quello sguardo patetico, od obliquo, tale evidentemente da denotare esigenze affettive altrimenti taciute.
Non per questo atteggiamento di naturale sottomissione, i minorenni vanno relegati a mero oggetto di scarico conflittuale e, senza poter far valere la loro volontà, essere costretti a intermediare, come possono alla fin fine, tra scontri palesi o appena sopiti. Una “falsa coscienza” che totalmente rimuovesse un qualsiasi disagio esistenziale, non farebbe altro che peggiorare infinitamente la gestione del medesimo malessere, fin quasi a farlo lievitare in psicopatologia.
Il livello culturale
Per dirla con Lele Panzeri, autore, tra i tanti, dello slogan “Liscia, gasata o …”: "La campagna di Esselunga ha fatto polemica perché è di un livello più alto rispetto al resto degli spot".
La gestione del politicamente corretto
Appunto, un problema di “bassezze” alle quali ultimamente ci hanno un po’ tutti abituato. La creatività odierna, quella sì, soffre d’un appiattimento di livello, con deciso, ma forzato, orientamento verso quell’estremo “politicamente corretto” che rischia spesso di sfociare nella noia e, quel ch’è più grave, nel disinteresse nei confronti di argomenti quanto meno spinosi. Cosicché un discorso, sicuramente più delicato e complesso, non si riesce ad affrontare con il giusto e dovuto equilibrio.
La pietra dello scandalo
La pietra dello scandalo, in questo caso, sarebbe costituita dal soggetto a cui si fa ricorso per reclamizzare un prodotto, ovvero “i bambini che soffrono per la separazione dei genitori”, ma che è materia abbastanza dibattuta e già trattata, anche in trascorse campagne pubblicitarie. Insomma, nulla di nuovo sotto il sole; quindi, perché accanirsi proprio contro questo che, in fondo, non sarebbe che l’ultimo rappresentante d’una serie tv?
Forse, per il contesto “attuale” che richiede di differenziarsi a ogni costo e per forza distaccarsi dall’apprezzamento di quanti non appartengano alla stessa frequentata parrocchia?
Ipocrisia ed emozioni
Le vere emozioni quotidiane, legate ai buoni sentimenti, che non siano quelli a spiccata ipocrisia, vengono attualmente disapprovati in pubblico, sia perché non più all’ordine del giorno, sia perché insufficientemente approfonditi o addirittura capiti; anzi, spesso respinti a priori, in quanto sbrigativamente ritenuti banali e da affrontare magari nelle grigie aule dei tribunali, a cui incondizionatamente si demanda un po’ di tutto, oppure, altrettanto ordinariamente, sul divano di qualche psicoanalista di grido.
Il frutto proibito
La pesca, per esempio, che fa da titolo (non) esplicativo, e da prodotto centrale della campagna ("Non c'è una spesa che non sia importante"), sarebbe benissimo potuta essere sostituita in teoria da qualsiasi altro frutto; ma proviamo a immaginare se al posto di quella drupa carnosa, e succosa, ci fosse, invece, stata presentata una banana o una pera?
Quale simbologia?
Il mistero della simbologia sessuale, o l’allusione alle dipendenza da droghe pesanti, avrebbe suscitato ben altro imbarazzo che nel caso della mela di quel celebre claim che, mezzo secolo fa, rivolgendosi al suo target di riferimento e adottandone valori e linguaggio, ha saputo cogliere in un unico messaggio pubblicitario l’evoluzione delle esigenze del mercato, adeguando a queste ultime una sottile strategia di comunicazione. A quell’epoca, post-sessantottesca, lo spirito trasgressivo era tale da abbinare il “frutto proibito” al veicolo a due posti che del nome d’un imenottero fece un’icona unica nel suo genere.
La questione della procreazione responsabile
A proposito di possibilità di riconciliazione e di ruolo dei figli in caso di divorzio, perché il messaggio sarebbe comunque scorretto? Forse perché tocca un nervo scoperto, e colpevolizza la frequente inconsapevolezza e irresponsabilità d’essere genitori tout court?
“Volemose bene” o facciamo finta che?
La retorica dell’«embrassons nous» non va resa obbligatoria a tutti i costi, in specie se ci sono quelle separazioni conflittuali in cui i minori restano comunque la parte più debole e soccombente. Ecco perché la piccola Emma rappresenta un notevole cambio di passo, e pure netto, rispetto alla sciatta consuetudine della classica famiglia “felice”.
Il principio di Anna Karenina
E qui ci sarebbe, in base al “principio di Anna Karenina”, da analizzare la singolarità di ciascuna infelicità, in quanto le cause di insuccesso (disaffezione, insicurezza economica, presenza di conflittualità, indifferenza sessuale, o altro), tra coniugi o membri d’uno stesso nucleo familiare, possono variare molto, e pesare diversamente sul risultato del malcontento e del dispiacere; e questo da famiglia a famiglia, tanto da indurre gli autori del saggio del 2009 (“Correlations, Risk and Crisis: From Physiology to Finance”), Alexander N. Gorban, Elena V. Smirnova e Tatiana Tjukina, ad affermare, parafrasando Tolstoj, che «tutti i sistemi ben adattati sono uguali, quelli disadattati lo sono ciascuno a suo modo», aggiungendo che, paradossalmente, nel “caos del disadattamento” esiste un certo qual ordine, e che, man mano che i sistemi si vanno diversificando, in realtà, entro certi limiti, si vanno pure nel frattempo correlando, e dunque, il comportamento adattativo, per classi omogenee di elementi sotto stress, tende a seguire di massima un andamento per lo più abbastanza prevedibile.
Letteratura o scienza?
Respingendo spiegazioni smaccatamente ideologiche a eventi della storia dell'umanità, anche Jared Diamond, in “Guns, Germs and Steel: The Fates of Human Societies” (1997), ha tentato di fornire una specie di metodo scientifico d'indagine a discipline considerate fino a quel momento soltanto "letterarie", i cui dettagli vanno tuttavia sempre indagati più approfonditamente.
Tutto ciò, in uno spot pubblicitario, significa quasi l’irrompere a testa bassa d’una realtà più comune di quanto addirittura si possa immaginare, riposizionando al centro della scena quanti di solito non vengono ascoltati abbastanza, soprattutto nelle loro tante fragilità e nei loro più semplici e normali desideri.
Puro Cinema
E veniamo al punto conclusivo, il successo d’un cortometraggio d’appena due minuti, che contiene molta più suggestione passionale delle consuete lungaggini sbiadite nella prolissità, vale o non vale almeno quanto un premio festivaliero?
A causa dell’inflazione in cui versano i vari Nastri e David, la piccola Emma meriterebbe qualcosa di più d’una menzione speciale e ad hoc.
Ma, da parte di noi spettatori, non necessariamente consumatori d’un particolare supermercato, c’è forse dell’altro, oltre al senso di colpa degli adulti e all’ipersensibile angustia degli anziani, probabilmente della nostalgia e… tanta voglia di Carosello!