Demetrio Spagna, eclettico medico musicista reggino, è riuscito a toccare le corde giuste del cuore per dar vita, insieme ad altri amici, a un incontro che non ha nulla a che vedere con la nostalgia del passato che paralizza, ma molto con il desiderio di fare memoria e di rivivere il tempo della giovinezza in una dimensione di gioia e di apertura.
Demetrio, che senso dare a questo appuntamento, presso la Borgata Giardini, in una serata domenicale di quasi estate?
Siamo qui a riprenderci l’infanzia e l’adolescenza felici, i momenti in cui abitavamo qui e giocavamo per strada nella Borgata Giardini. Allora non c’erano automobili, non c’era cemento, la strada tra le case era sterrata e lì giocavamo con i giochi dei bambini.
Quali erano i giochi dei bambini che vivevano nella Borgata in quegli anni?
Tantissimi. Iocamu a nuciddi, dicevamo, cioè con le noccioline poste in gruppo di 4, dove 3 facevano da base e sopra c’era l’altra che formava il castelletto a che bisognava colpire con la nocciola più grande il Ballu o Badaru, questo era un gioco natalizio e autunnale. Nelle altre stagioni, invece, si giocava a ciappa, con le pietre larghe come bocce, mentre una più piccola colpiva le altre. Poi c’era u ligneddu, una specie di mazza da baseball che colpiva altri legnetti che purtroppo andavano sempre a rompere i vetri di qualche finestra. Allora le prendevamo di santa ragione, perché comprare vetri nuovi costava troppo per l’economia del tempo. Poi c’era la palla di pezza, al riguardo c’è il libro bellissimo di Walter Pedullà sull’argomento: Il pallone di stoffa. Memorie di un nonagenario. Non avendo quelle di gomma che erano un lusso, si riempivano calze vecchie di pezze e altro. Anche nel gioco della rota, si faceva girare un cerchione metallico di bici con un ferro a mo’ di uncino.
C’era stata la guerra… era una condizione di vita particolare. Chi è nato dopo, non la conosce. Il disastro ecologico, la siccità, si parla di economia di guerra, forse, se non è troppo tardi, sarebbe opportuno ricordare quelle esperienze di vita, per farne tesoro.
Esatto, dopo la guerra, negli anni 44/45, pensa che la mia famiglia prima abitava a Santa Caterina in un appartamentino in coabitazione. Eravamo 3/4 famiglie con un solo bagno. Noi bambini eravamo 5. Dopo il periodo in coabitazione, sono state costruite queste case delle ferrovie e abbiamo avuto l’assegnazione a San Giorgio Extra, alla Borgata Giardini. Siamo passati dalla coabitazione con più famiglie, ad una villettina unifamiliare con il bagno in casa e mia mamma si è trasformata. Era una donna che viveva una coabitazione difficile, che pativa per questa situazione, anche perchè mio padre, da ferroviere, era sempre in giro. È diventata una donna pacificata e ci ha trasmessa questa gioia, noi siamo stati bambini felici. È stata lei ad insegnarci l’amore per i luoghi.
I piccoli di allora avevano poco, ma dai tuoi racconti quel poco gli riempiva il cuore, oggi si ha il superfluo e si soffre di vuoti incolmabili. Cosa è mutato nel tempo, senza che nessuno ne abbia mai troppo parlato, né mandato segnali di allarme?
I nostri genitori, le persone che avevano patito ad un certo punto non hanno voluto trasmettere ai figli il patimento vissuto. Anzi, si è cercato in ogni modo di portare sollievo alla frustrazione di non avere avuto così tante privazioni. Ti parlo della mancanza dello spazzolino per tutti e del dentifricio, dell’acqua e del pane razionati, cose impensabili oggi. L’acqua al rione veniva portata con l’autobotte dal Comune, le mamme ci mandavano a ritirare quei litri assegnati che bisognava farsi bastare. Appena si è liberalizzato il pane e l’acqua, molti per rivalsa, hanno permesso tutto. Questo è un discorso che non va fatto criminalizzando i giovani, perché ciascuno approfitta di ciò che riceve se non ci sono paletti. Quando eravamo piccoli se si dava una lira, prima c’era: fai questo, ad esempio laviamo la macchina e il guadagno sarà il risultato di un lavoretto svolto. Il regalo gratuito era solo per un compleanno, una ricorrenza importante. Negli anni 60\70 ci hanno fatto credere che tutto fosse possibile: acquistare la tv, il frigorifero, la macchina e siccome non c’era un’economia di risparmio ci si indebitava, si comprava a rate. Questo ha fatto perdere la testa a molti, non bastava un televisore, diventava necessario averne più di uno, in ogni stanza….
Hai usato un termine riguardo questo incontro che hai coniato tu: festa della remigranza…
Siamo stati emigranti, ora siamo persone che ritornano nei luoghi. Sono luoghi dell’anima. Alcuni ci abitano ancora, come Nuccia. Altri sono diventati professionisti, medici, magistrati, abbiamo anche un sacerdote. Il parroco Nino Vinci che tra poco verrà a darci una benedizione, è stato bambino con noi. Suo padre era il custode e vegliava sulla nostra sicurezza. Purtroppo, oggi alcune abitazioni sono state occupate abusivamente e siamo un po' rammaricati per questo. Vedi quel grande striscione di benvenuto? Quando sono arrivato mi sono commosso da tanta partecipazione e preparazione. Ci siamo ritrovati in tanti, più tardi ci sarà la festa, faremo musica, mangeremo…
La musica è importante nella tua vita, c’è una relazione con l’essere cresciuti nella Borgata Giardini?
Negli anni 50\60 seguivamo la televisione, l’unica a casa di una famiglia, portandoci le sedie. Poi nei giorni successivi, seduti a terra sui bizzoli, cantavamo le canzoni insieme. Nel periodo natalizio passava lo zampognaro e usavamo, come esercizio musicale, il tamburello e l’organetto. Durante l’incontro di stasera Rino Zarrelli, un giovane di 80 anni, suonerà e canterà le canzoni di allora. È importante ricordare quando i fratelli Reitano venivano a trovare il compare Spagna, con la macchina piena di strumenti musicali e noi bambini correvamo dietro. Poi cantavamo le loro canzoni ed era importante per noi della Borgata quell’esempio che veniva da Fiumara, era da coltivare nel cuore, significava che anche noi ce la potevamo fare.
Pensate di incontrarvi periodicamente, com’è incominciato questo desiderio di ritornare nei luoghi dell’infanzia?
Intanto ci vediamo oggi. Ci siamo incontrati un paio di settimane fa e adesso siamo molti di più. Luciano, Franco, Pino ed io un paio di anni fa ci siamo visti e mi è stato chiesto di organizzare qualcosa nel rione che ci ha visti ragazzi… Così qualche settimana fa ci siamo rivisti nel cortile che ci ha ospitati. Ed ora siamo qui per la Festa della Remigranza. Commossi ed emozionati nel vivere questo momento. È importante mantenere la memoria dei luoghi. La serata di oggi racconta tante cose, attraverso i volti, le persone ed è un segno di continuità, che si spera doni un senso di appartenenza a chi partecipa.