Al di là delle freudiane “Liebesbedingungen”, o “necessarie” condizioni per amare
«Personne n'a été plus indigné que moi des sales ouvrages de l'infâme Dsds; c’est-à-dire, de Justine, Aline, le Boudoir, la Théorie du Libertinage, que je lis dans ma prison. Ce scélérat ne présente les délices de l’amour, pour les hommes, qu’accompagnées de tourments, de la mort même, pour les femmes. Mon but est de faire un livre plus savoureux que les siens, et que les épouses pourront faire lire à leurs maris, pour en être mieux servies; un livre où les sens parleront au cœur; où le libertinage n’ait rien de cruel pour le sexe des Grâces, et lui rende plutôt la vie, que de lui causer la mort; où l’amour ramené à la nature, exempt de scrupules et de préjugés, ne présente que des images riantes et voluptueuses. [...] Moi, Jean-Pierre Linguet, maintenant détenu à la Conciergerie, déclare que je n’ai composé cet ouvrage, tout savoureux qu’il est, que dans des vues utiles; l’inceste, par exemple, ne s’y trouve que pour équivaloir, au goût corrompu des libertins, les affreuses cruautés, par lesquelles de Sade les stimule.» (Nessuno s’è indignato più di me per gli sporchi lavori del famigerato Dsds [Sade]; vale a dire di Justine, Aline, il Boudoir, la Théorie du Libertinage, che ho letto nella mia prigione. Questo mascalzone non presenta le delizie dell'amore, per gli uomini, che accompagnate da tormenti, persino la morte, per le donne. Il mio obiettivo è di fare un libro che sia più gustoso dei suoi, e che le mogli possano far leggere ai loro mariti, per meglio esserne servite; un libro dove i sensi parleranno al cuore; dove la licenziosità non ha nulla di crudele rispetto al sesso delle Grazie, anzi gli restituisce la vita piuttosto che causargli la morte; dove l'amore ricondotto alla natura, libero da scrupoli e pregiudizi, presenta solo immagini ammiccanti e voluttuose. [...] Io, Jean-Pierre Linguet, attualmente detenuto alla Conciergerie, dichiaro d’aver composto quest'opera, per quanto deliziosa sia, se non per scopi utili; l'incesto, per esempio, serve soltanto a equiparare, al gusto corrotto dei libertini, le spaventose crudeltà con cui de Sade li stimola.) - Dalla Prefazione a L'Anti-Justine, ou les Délices de l'amour (1798), attribuita a un anti-Sade/ Linguet/ al secolo Restif de la Bretonne.
Masochismo
Più che al “Divin Marchese”, questa passione dell’autore dell’Anti-Justine può ricollegarsi a Masoch, il rappresentante più famoso dal cui nome fu coniata un’altra speciale terminologia parafiliaca (da παρά = "oltre" e φιλία = interesse: al di là delle freudiane “necessarie” condizioni per amare, o “Liebesbedingungen”), specie in quelle manifestazioni coinvolgenti persone che esprimono i propri desideri istintuali sotto forma di volontaria sottomissione a donne destinatarie di tanta partecipata adorazione.
L'Anti-Justine
L'Anti-Justine, ou les Délices de l'amour era stato concepito da Restif de la Bretonne (Nicolas-Edme Rétif, dit Restif…, ovvero Rétif Labretone, quando, durante la Rivoluzione, i cognomi con le particelle di derivazione d’origine, feudale o patronimica, diventarono sospetti d’un vituperato status nobiliare), in contrapposizione a Justine ou les Malheurs de la vertu (1791) e a La Nouvelle Justine (1797) del detestato “Dsds [Sade]”, per via di quelle diverse visioni sulla natura umana che, secondo lo scrittore di Sacy, non necessita affatto di crudeltà e sopraffazioni, neppure nell’esplicitare il libertinaggio al massimo della sua estremizzazione.
Retifismo
Dallo scrittore francese della seconda metà del ‘700, dalla vita sregolata, a cui si deve l’invenzione di numerosi neologismi come «pornographe» (o «mise», per designare il modo di vestire) deriva il termine “Rétifisme", poiché, nella citata L'Anti-Justine, negli otto volumi di Monsieur Nicolas, ou le Cœur humain dévoilé (dal 1794 al 1797), La vie de mon père (1779), e soprattutto “Le Pied de Fanchette, ou le Soulier couleur de rose” (1769), narrò vicende di affermazione in ambito relazionale mediante un ammaliamento “pedestre”, grazie all’associazione libidica ai genitali femminili delle estremità degli arti inferiori, nude o mediate da calzature. In quanto “perversione”, consiste maggiormente in una fantasia primordiale, un problema di scelta dell’oggetto, tipo caviglia, un puro, irresistibile, impulso scopofilico verso una donna che poggia la base del corpo sul terreno (“che cammina”), o molto più nell’erotizzazione del piede minuscolo, visto che le illustrazioni dei suoi libri erotici si soffermavano molto spesso su particolari femminili di boccucce rotondette e scarpine minuscole?
Pro-La Mettrie
L'autobiografia Monsieur Nicolas e alcuni romanzi risentono dello stile formale di opere di Voltaire, Rousseau, Diderot, d'Holbach, Helvétius e di Julien Offray de La Mettrie (del cui edonismo Restif sembra essere un autentico erede), come, per esempio, Candide e Zadig di Voltaire, o Le confessioni, Rousseau giudice di Jean-Jacques, Le fantasticherie del passeggiatore solitario, Giulia o la nuova Eloisa, oppure della concezione del buon selvaggio. Ciò gli valse gli epiteti di «le Voltaire des femmes de chambre» (“cameriere”, con intento denigratorio ovviamente), o di «le Rousseau du ruisseau» (“rivolo”, per il gusto del gioco linguistico), anche se Lavater lo definiva, forse in maniera più appropriata, «le Richardson français», con riferimento, questa volta, all’autore di Pamela: Or Virtue Rewarded (1740) e Clarissa: Or the History of a Young Lady (1748), il quale aveva praticato, anche lui, a suo tempo, l'apprendistato presso uno stampatore.
Voyeuristiche “Nuits de Paris”
L’annotazione precisa dell’orario, “alle sette di sera”, oltre che della data, il 22 dicembre 1786, nell’intraprendere la stesura di Les Nuits de Paris ou le Spectateur nocturne (8 volumes, 1788-1794), secondo gli specialisti, testimonierebbe il suo impiego come «mouche» (informatore, delatore o spia) al servizio della polizia reale; anzi, il testo in questione pullula di indicazioni su questa sua collusione che rimanda a un’altra prerogativa parafiliaca, di tipo voyeuristico notturno.
La prima illustrazione de Les Nuits de Paris (1788), disegnata da Moreau le Jeune, lo raffigura come «le Hibou-Spectateur, marchant la nuit dans les rues de la capitale. On voit au-dessus de sa tête voler le hibou et dans les rues un enlèvement de filles, des voleurs qui crochètent une porte, le guet à cheval et le guet à pied. Que de choses à voir quand les yeux sont fermés!». (il Gufo-Spettatore, che cammina di notte per le vie della capitale. Vediamo sopra la sua testa volare la civetta e per le strade un rapimento di ragazze, ladri che chiudono a chiave una porta, la vedetta a cavallo e la vedetta a piedi. C'è così tanto da vedere quando gli occhi sono chiusi! - qualcosa che pare rimandare all’espressione ossimorica del titolo del film di Stanley Kubrick del 1999: Eyes Wide Shut, occhi “largamente” chiusi); non manca, quindi, di rimarcare un ampliamento immaginifico a quanto viene colto dallo sguardo in un equivalente mixoscopico (da μῖξις, accoppiamento, e σκοπέω, osservo). I suoi più grandi amori, allora, sarebbero “giustificati” prevalentemente dalla difficoltà di ammirare i piedi femminili, dovendosi accontentare di immaginarli?
Matrimoni falsi/ matrimoni veri
Affermò d’essersi sposato nel marzo 1759 con una giovane donna inglese, Henriette Kircher, la quale, a causa d’uno spinoso contenzioso ereditario, avrebbe avuto bisogno d’acquisire la cittadinanza francese, ma sembra che, dietro questo racconto, si nasconda un caso di spionaggio nella lotta contro i giansenisti. Il 22 aprile dell’anno dopo, infatti, ad Auxerre, impalma Agnès Lebègue, dalla quale ebbe le quattro figlie, Agnès, Marie, Élisabeth, detta Élise o Babiche, e Marie-Anne, detta Marion.
Collette Paragon
La sua passione erotica, ma anche la sua mancanza di sincero affetto, ai limiti dello schizoidismo, non cambieranno col trascorrere degli anni. E questa dimensione antitetica dell’ammiratore della “scarpetta color di rosa” si esplicitò soprattutto nell’essere, per certi versi, contemporaneamente moralista (anti-Sade), mentre, per altri, libertino (feticista e voyeur); amante dell'ordine, ma anche del vizio, oppure nel coltivare due grandi infatuazioni, quella, più platonica, per la rampolla del notaio di Courgis, Jeannette Rousseau, che a lungo ha fantasticato di sposare, persino quando lei era già morta, e l’altra, più prosaica, per la moglie del tipografo di Auxerre, Marguerite Colet, celata nelle sue opere con il nomignolo "Collette Paragon". E non mancano nella biografia dell’autore de Le Pied de Fanchette, ou le Soulier couleur de rose altre importanti figure femminili, come la giovane figlia della sua padrona di casa in rue de Bièvre 44, Sara, la quale gli avrebbe ispirato La Dernière aventure d'un homme de quarante-cinq ans (1783).
Conservatore o Riformatore idealista
Da filosofo riformatore, ha preso in considerazione un po’ tutti i problemi sociali, compresi molti tabù dei suoi tempi, quali la prostituzione o l’incesto, sostenendo soluzioni spesso conservatrici e repressive, come pure ha concepito una forma di comunismo agrario, a cui si sarebbero seriamente ispirati Saint-Simon e Fourier. Gérard de Nerval gli dedicò una biografia, ma, con la loro incondizionata ammirazione, furono i surrealisti a contribuire alla sua più recente riscoperta.
Il “metodo paranoico-critico”
A partire dal 1930, Dalí diede il suo maggiore contributo al Surrealismo mediante il “metodo paranoico-critico”, sviluppato in base alle teorie freudiane sull'interpretazione dei sogni, grazie al quale metodo ogni immagine poteva avere una duplice lettura, corrispondente a un canone alienante.
“Per doppia immagine s’intende una certa rappresentazione d’un oggetto che è anche, senza il minimo cambiamento fisico o anatomico, la riproduzione d’un altro oggetto completamente diverso, essendo la seconda rappresentazione ugualmente priva di qualsiasi deformità o anormalità che ne tradisca la disposizione.”.
Il saggio di Freud
L’anno dopo, quando uscì la traduzione francese del saggio di Freud (Der Wahn und die Träume in W. Jensens "Gradiva", 1907) sulla novella (Gradiva. Ein pompejanisches Phantasiestück, 1903) dello scrittore di Heiligenhafen, questo misterioso personaggio femminile era già entrato nella mitologia personale del pittore catalano. L'interpretazione freudiana della novella di Wilhelm Jensen fornì all'analisi del desiderio represso una metafora archeologica in grado di suscitare immediatamente l'interesse dei surrealisti, convinti che l’opera letteraria fosse davvero un'espressione del potere dei sogni e dell’ambizione d’imporsi in qualche modo sulla realtà.
La novella di Jensen
Il protagonista del racconto di Jensen, Norbert Hanold, è un giovane studioso di storia antica ossessionato dalla figura d’una donna in tunica, ammirata su un bassorilievo classico. “Colei che risplende nel camminare”, o che incede con movimento leggiadro, gli appare in sogno durante l’eruzione del Vesuvio, e quando si trova in visita alle rovine dell'antica Pompei, la stessa figura, fantasmatica, gli si mostra in tre occasioni (nella via di Mercurio come nella casa erroneamente attribuita a Loreio Tiburtino e appartenente invece a D. Octavius Quartio). All'inizio crede che sia l'incarnazione dell’immagine marmorea (agalmatofilia?), per poi rendersi conto, una volta catturato, e divenutone il νυμφόληπτος (numphólēptos, rapito dalla ninfa), che si tratta della ragazza reale, sua infantile infatuazione, segreta e “sepolta” (necrofilia?), con cui trascorreva da bambino le vacanze a Kiel, Zoe Bertgang (ζωή, vita, wert gang, che procede con grazia, o dall’andatura valente), improvvisamente riconosciuta come personale “ghosthly revenant” (Gradiva rediviva, e dunque pure “recidiva”?).
Breton
André Breton ritiene Gradiva una Musa a cui intestare, nel 1937, una Galleria d’Arte parigina, trasformandone il nome in un acronimo fornito dalle iniziali delle ninfe ispiratrici dei surrealisti (Gisèle, Rosine, Alice, Dora, Iñes, Violette, Alice), ponendo inoltre l’attenzione sulle due ultime sillabe, che, isolate, di per sé, fanno una “diva” latina e una stella nel firmamento della maestria e dell’incantesimo.
Duchamp
Marcel Duchamp, come porta della quadreria, disegna la sagoma d’una coppia strettamente intrecciata, in piedi, come se l’incontro tra il visitatore e l’accogliente ospite si fosse già realizzato nell’oltrepassare quella soglia, e Gradiva avesse mosso i suoi passi decisivi per avvicinarglisi ad abbracciarlo, stanca d’essere inseguita, sognata o solo ammirata voyeuristicamente nel suo passeggio, - e pure passaggio da una dimensione a un’altra (fantasia/ realtà e viceversa), o trasformazione metamorfica (shapeshifting).
Colei "che attraversa il muro"
Nella sua Histoire du surréalisme (1945), il critico letterario francese Maurice Nadeau l’avrebbe descritta come "la donna che attraversa il muro"; più che una musa ispiratrice, un vero e proprio “fantasma”.
Dal passato il futuro?
Vedere la meraviglia di là da venire, ancora nascosta ai più, sarebbe stato il vero, intimo, significato della "Gradiva surrealista". E, secondo l'idea di Breton, entrare nella galleria d'arte avrebbe avvicinato il visitatore a tanta avvenenza, contribuendo pure a rivelare ciò che si nasconde nell'anima dello spettatore, a conferma dell’assioma che vuole la bellezza (intesa quale feticcio) essere negli occhi di chi guarda (voyeur).
Il “familiare” inquietante
Mentre, per Freud, Der Wahn und die Träume in W. Jensens Gradiva (1907) fu una delle sue prime analisi d’un'opera letteraria, avendo esaminato la novella proprio come se fosse un caso psichiatrico, soprattutto per spiegare in che modo gli stimoli esterni possano, a volte, portare in superficie le tensioni psichiche più nascoste. Ma quando Freud visitò Roma quello stesso anno, nel 1907, a sua moglie Martha Bernays scrisse testualmente: “Oggi ho visto un caro volto familiare” (e per questo, “unheimlich”?); ne comprò un calco e, al ritorno, lo appese alla parete dello studio viennese, in Bergasse 19, accanto al famoso divano.
La donna idealizzata
Freud si concentrò sul tema della “donna idealizzata” (die hohe Wertung, con inevitabile sopravvalutazione dell’amata, ripresentato in Über einen besonderen Typus der Objektwahl beim Manne, del 1910, insieme con Dirnenhaftigkeit, die Rettungsabsicht, o geschädigten Dritten), arrivando a considerare la storia di Norbert Hanold non solo un ottimo esempio di “qualcosa” di terapeutico, che potrebbe essere definita quale "cura per seduzione" o " per amore" (ai limiti delle “Liebesbedingungen”), ma anche un’anamnesi esemplare a riprova "che il complesso di Edipo è ancora attivo pure negli adulti normali" (Otto Fenichel, The Psychoanalytic Theory of Neurosis, 1945).
Il ricordo di Zoë
Il represso "ricordo d’una ragazza, Zoë Bertgang [ζωή, vita, wert gang, che procede – e “precede” - elegantemente], con la quale è cresciuto e alla quale era stato affettuosamente legato" viene inconsciamente ripescato dall’archeologo in "un bassorilievo raffigurante un’adorabile giovinetta dall'andatura caratteristica" (Peter Gay Freud: A Life for Our Time, 1989).
Una mania organizzata
Nel corso degli incontri che seguono a quell’apparizione da spirito meridiano (Gradiva gli si presenta “in carne e ossa” a mezzogiorno, l'ora panica per antonomasia), e mediante un’interpretazione dei segni suggeriti dalle particolari circostanze, Hanold elabora e organizza la sua “mania”, appostandosi appositamente, e per tempo, onde meglio osservarla, mentre "Gradiva", da “oggetto” di desiderio, diviene il “soggetto” che fornisce il rimedio risolutivo, in una specie di accudimento gradualmente rivelatore della sua identità.
Transfert femminile edipico vs. Phallogocentrismo
Zoë [ζωή, vita] e "fonte" del malessere di Norbert, si fa dunque anche l'agente della riparazione di esso, col districare dalla realtà le fantasie nostalgiche sublimate in interesse archeologico. Questo modo in cui l’amata rivitalizza l'amore represso dello spasimante, in una sorta di transfert “edipico” al femminile, viene molto enfatizzato da Hélène Cixous, in controtendenza al phallogocentrisme del post-strutturalista Jacques Derrida. Mentre il farsi “precedere nel cammino” potrebbe rivelarsi la chiave feticistica di questa psicoterapia, il cui modello, per Jean-Michel Quinodoz, si basa su "come affrontare la parte 'pazza' dei nostri pazienti senza trascurare il resto della loro persona" (Lire Freud - Découverte chronologique de l’œuvre de Freud, 2003).
Un’Esquisse
Una "formulazione poetica del desiderio feticistico che sembra andare contro l'interpretazione di Freud" l’avrebbe fornita l’artista francese Raymonde Carasco con il cortometraggio Gradiva Sketch 1/ Esquisse I (1978), in cui quello “schizzo” mette in mostra “il gesto” isolato quale momento, e motivo, privilegiato di strutture plastiche associate al rituale: feticizzazione, frammentazione, serialità, monumentalizzazione.
Il dito e la luna
Anche se il cinema non può poi “monumentalizzare” altro che lo stesso reale, nelle ripetizioni (serialità) dello stesso e nello spostamento della totalità implicita, la cui “frammentazione” fa da particolare, il film occlude quella concretezza che utilizza per astrarre verso la valorizzazione dello “iato ontologico” che pure quel reale lo sta a indicare (feticizzazione).
Oggetto scopofilico
Le inquadrature ricorsive, al rallentatore e in primo piano, non fanno altro che indurre l'investimento libidico, proprio dalla prospettiva della scopofilia maschile. E, quale intrigante manifestazione del sublime, reificato attraverso una parte profana del corpo, mitizzata ed elevata a sacralità, quel movimento aggraziato del piede non indica semplicemente i desideri, ma ne diviene l'oggetto.
Camminare corrisponde a una serie di elementi semplici alternati tra loro, montati per poi essere continui. Una successione, apparentemente infinita, di passi, con i loro ritmi diversi, introduce all'irreale incanto del feticcio: il piede nudo pare attirare volutamente, ed eludere contemporaneamente, lo spettatore; le trame e l'illuminazione stravagante di muri e pietre in decomposizione diventano anch’esse quasi carnalità e insieme azione.
Philosophie des Als Ob
In quanto personaggio doppiamente fittizio, che tuttavia è diventato una delle figure simboliche del secolo scorso, Gradiva dimostra d’essere un’esplicitazione della filosofia del “come-se” (Philosophie des Als Ob, 1911) di Hans Vaihinger, per cui tutta la conoscenza, costituita dalle categorie e dai giudizi percettivi, non può essere che “finzione”, accolta sol perché utile. Sicché conviene accettare le “falsità” e le spiegazioni fittizie dei fenomeni, appunto "come se" riflettessero il mondo, anche razionalmente.
Con buona probabilità, quella di Carasco è una ricostruzione poetica che sembra andare in controtendenza alla lettura di Freud, in quanto “inquadra” esclusivamente la “feticizzazione” del desiderio, perché il movimento aggraziato del piede della fanciulla è visto come atto in sé, oggetto esso stesso, e non referente della fantasia maschile. Ma, nel puro scomporre quel movimento, una semplice serie di distinte riprese al rallentatore di quell’essenziale effetto di sospensione del piede d’una donna che passa sopra a delle pietre, è sufficiente a dimostrare l'inadeguatezza dell'interpretazione freudiana?
Sineddoche
Passo dopo passo, illusioni e delusioni ci sfuggono come un rettile tra i sassi (a richiamare il mito di Aglauro). La ripetizione solenne e ritualizzata del calpestio delle antiche pietre va allora vista come sineddoche d’una pietrificazione, una catabasi, una danza cerimoniale per discendere all’Ade, un “tropo” in cui la parte rappresenta il tutto e “la fanciulla che digrada”, più d’una “Gradida”, è un’Euridice (Εὐρυδίκη, da εὐρύς, eurys, grande, e δίκη, dike, giustizia), oppure una Kore (Κόρη, giovinetta), puella aeterna archetipale, una ninfa “mutaforma” (shapeshifting). E l'insieme, in questo caso, non si limita al romanzo di Jensen, ma comprende il saggio di Freud che l’ha reso immortale, l’elaborazione di Bréton e degli altri surrealisti (Dalí, Duchamp, Masson…), come di molti altri intellettuali, da Derrida a Cixous, da Albertazzi a Robbe-Grillet, da Musatti a Servadio, da Carasco a Jean Rouch...
Un realismo dell’invisibile
“Gradiva, per me, è il surrealismo”, “un realismo dell’invisibile, e dunque dell’insolito”, dice l’autore di Les maîtres fous (1955).
«Gli unici ad aver pensato un po' seriamente alle questioni dell'andatura sono quelli che hanno inventato il passaggio nell'immaginazione: i surrealisti, o Hölderlin con lo Stimmung. Come tradurre Stimmung [umore] in francese? [L'émotion ou la motion tout simplement] Semplicemente emozione o mozione [movimento].».
L'émotion ou la motion
L’insolenza poetica della Gradiva/ Esquisse I di Carasco pone però la domanda se non siano le pietre a muoversi (ed emozionarsi) in una sorta di loro autonoma danza privata, in un gioco d’ombre; e se poi iniziassero davvero a “camminare”… dove proseguirebbe quel loro andare?
La règle du jeu
«Quando ho realizzato Dionysos [il quindicesimo film di Jean Rouch, girato nel 1984, in cui a un professore d’arte drammatica viene chiesto di mettere in pratica la tesi intitolata «La nécessité du culte de la nature dans les sociétés industrielles»], era quello che stavo cercando di capire. Ho scoperto il rapporto tra surrealismo ed etnografia in una galleria-libreria proprio accanto a casa mia, boulevard du Montparnasse, dove era esposto il primo numero di Minotaure. Contemporaneamente, in copertina, c'erano [les mannequins de la Tour rose de Chirico] i modellini de La Torre Rossa di de Chirico [1913] e, all'interno, i Dogon che danzavano sulla terrazza dei morti: per me erano le stesse figure. Qui sta il mistero della Stimmung, che è la chiave della poesia. La Stimmung era la regola del gioco al Musée de l'Homme.».
Quella tacco tallone è poi l’«azione» che contraddistingue un’andatura sciolta e aggraziata, “il” modo femminile di procedere (e precedere chi le guarda camminare), ed è per questo che sono stati creati i tacchi alti per le donne?
Un trébuchement
«I primi bipedi di cui sono state ritrovate le orme risalgono a qualche millennio fa, sarebbe bello sapere se posavano prima i talloni o le dita dei piedi. Già ballerini. Il punto di partenza di quelli che vengono chiamati i White Ballets, che sono i balletti classici, è un omaggio alla regina Maria Antonietta che, salendo sul patibolo, perse la scarpa. Il boia la raggiunse e le ultime parole che pronunciò furono: “Merci Monsieur”. È una storia tragica quella che ha ispirato i Ballets Blancs e in particolare i Ballets Russes: un inciampo, poco prima della morte [un trébuchement, juste avant la mort].»
Dalí
Di Gradiva i surrealisti fecero la loro eroina, ma nel caso di Dalí, ad avere lo stesso effetto “curativo” fu un'espatriata russa di undici anni più vecchia di lui, all’epoca ancora moglie del poeta Paul Éluard: Gala divenne così la sua Egeria.
L'opera del 1931 (o più probabilmente del ’32), ora nella collezione Thyssen-Bornemisza, Gradiva descubre las ruinas antropomorfas (Fantasía retrospectiva), nel riprendere il titolo del romanzo di Jensen (Ein pompejanisches Phantasiestück) rappresenta due figure strettamente accostate tra le rovine d’un desertico paesaggio spettrale; una sembra essersi trasformata in una roccia, come la moglie di Lot. William Jeffet le interpreta come due rappresentazioni d’una stessa Gradiva/ Gala, la vera e viva e quella sepolta nei ricordi del giovane archeologo/ artista Hanold/ Dalí.
La nascita dei desideri liquidi
In Nacimiento de los deseos líquidos (1932), altro intricato dipinto acquistato da Peggy Guggenheim, Salvador Dalí l’associa a un decrepito Guglielmo Tell (figura del padre autoritario e prevaricatore, come Crono, potenzialmente divoratore della prole, contro il quale lo stesso autore s’era ribellato), nel momento di sottoporsi, quasi recalcitrante, alla parziale lavanda d’un piede (umiliazione masochistica legata al feticismo dell’estremità?).
Il “nome del padre”, Salvador, come lo stesso artista e il figlioletto primogenito morto in tenera età, avrebbe o no costituito un qualche serio problema?
La “freccia” (?) di Guglielmo Tell
In un'altra opera ("Guillem Tell i Gradiva", 1931, Fundación Gala - Salvador Dalí di Figueres), la massa scura che incombe sulla coppia sembra contribuire a trasformare la chioma femminile nella cima dei cipressi di Arnold Böcklin (Die Toteninsel). La mano destra del decadente barbuto personaggio itifallico arresta la capigliatura scomposta d’una donna florida e appassionata, mentre con l’altra l’anziano depravato è lascivamente intento a masturbarsi.
Perseo e Andromeda?
Il profilo curvilineo d’una roccia sulfurea, sempre che non sia l’eroso paesaggio familiare di Port Lligat, a Cap de Creus, richiama alla lontana la forma d’una tavolozza impiastricciata con tonalità di giallo e di scuro, oppure d’una mezza viola da gamba, ovvero la facciata d’un’incompiuta architettura di Gaudì, o il profilo d’un cavallo da scacchiera o d’un dragone che, come la Nessie di Loch Ness, farebbe capolino dalla placida superficie marina; e, questa volta per contrappeso, con l’intenzione di salvare la procace Andromeda dall’aggressione sessuale d’un Perseo affetto da satiriasi?
L’âge d’or
Nella sceneggiatura, ispirata a De Sade, del secondo film diretto da Luis Buñuel, L’âge d’or (1939), Dalí si spinse oltre, facendo simulare all’attrice Lya Lys una fellatio con l’alluce d’una statua da giardino, dopo aver provocatoriamente documentato l’entomologia degli scorpioni, in relazione alla struttura senaria dell’opera: "… la code peut former cinq articulations prismatiques; la queue se termine par un sixième article vésiculaire réservoir au venin" (la parte caudale può formare cinque giunture prismatiche; all’estremità termina in un sesto arto vescicolare, serbatoio di veleno). Nel quarto episodio, compare un cartellone pubblicitario che mostra le gambe d’una donna fasciate da calze di seta. Mentre l’ultimo allude al castello del Duc de Blangis, l’avvelenatore sadico de Les 120 Journées de Sodome ou l'école du libertinage (1785).
In cauda venenum
“Les pinces rappellent les grosses pattes de l'écrevisse, sont des organes de bataille et d'information” (Gli artigli ricordano le grosse chele del gambero, sono organi di battaglia e di informazione). L’aggressione è una modalità d’approccio in grado di determinare la successiva relazione che può definire la risposta violenta o attrattiva, oppure ancora l’annullamento della reazione; nell’incontrare continui ostacoli morali, la passione però degenera nella morbosità.
Un'autobiografia fantastica
La Gradiva di Alain Robbe-Grillet, l’autore del primo “nuovo romanzo”, Les Gommes (1953), fu Jeanne/ Jean de Berg. Come la moglie d’origine armena, il cui vero nome era Catherine Rstakian, fu un seguace del sadomasochismo, e da erotomane qual era, fece virare, a poco a poco, i suoi scritti, più apprezzati negli Stati Uniti che in Francia, verso “l'autobiografia fantastica”.
«L'amour cravache»
Rimasta vedova, la Rstakian descriverà la sua coppia come «une relation sexuelle et sentimentale qui les a épanouis tous les deux mais ne peut pas convenir à tout le monde» (un rapporto sessuale e sentimentale appagante per entrambi ma che non a tutti può essere conveniente), un amor «cravache» (scudiscio, il fallico feticcio sadomaso, per eccellenza).
Da “soumise” a “dominatrice”
Iniziata alle pratiche sadomasochiste dal marito, dapprima Catherine/ Jeanne/ Jean ha adottato la posizione di “soumise” (sottomessa), per poi diventare definitivamente una “dominatrice”. La Chasse (2012), dove racconta d’una caccia all'uomo in un parco, è composta da più testi: quello dell'organizzatore, dei partecipanti e del «gibier» (“gioco”), un gioco con regole implacabili.
Donna “soggetto”
«Je me veux “femme-sujet”, maîtresse du jeu, des jeux sur le retard, les préambules, l'ornementation du désir, le déplacement du sexuel. Une gifle est une gifle, un coup de fouet est un coup de fouet et il peut faire très mal [...] mais ces pratiques sont encadrées, reprises dans une dramatisation assumée» (Voglio essere una 'donna-soggetto', maestra del gioco, dei giochi sull'indugio, sui preamboli, sull'ornamento del desiderio, sullo spostamento del sessuale. Uno schiaffo è uno schiaffo, una frustata è una frustata e può fare molto male (...) ma queste pratiche sono inquadrate, ripetute nell’assunzione d’una drammatizzazione).
“Le racolage passif”
Sempre lei, nel 2003, ha pubblicato, con Catherine Millet e Marcela Iacub, una lettera aperta contro la legge che punisce “le racolage passif” (adescamento passivo), Ni coupables ni victimes: libres de se prostituer. E, nel 2018, ha fatto parte del collettivo «Nous défendons une liberté d’importuner, indispensable à la liberté sexuelle» (Difendiamo quella libertà d’importunare, essenziale per la libertà sessuale).
Jeanne/Jean de Berg
Lo pseudonimo di Jean de Berg, usato per la prima volta quale “autrice” de L'Image (1956), opera censurata più volte e non identificata quale frutto sadomaso di fantasie femminili, ha contribuito a far ritenere che a scriverlo fosse stato effettivamente un uomo (a questo punto, Alain? – la stessa cosa s’era detta, due anni prima, di Histoire d'O, leggendo lo pseudonimo Pauline Réage, quale anagramma di Égérie, “egeria” di, Paulhan, Jean, amante della Desclos; e, undici anni dopo, di Emmanuelle, da attribuire al marito di Marayat Rollet-Andriane). La verità è che ognuno dei due coniugi raccontava all'altro i dettagli delle proprie avventure extraconiugali.
Anaïs Nin
D’altro canto nacque così anche la collaborazione tra Anaïs Nin (Delta of Venus, 1977) ed Henry Miller (Tropic of Cancer, 1934; Tropic of Capricorn, 1939), su commissione d’un “collezionista” privato. Ma, nel ricorrere a modelli quali il Kama Sutra e altri scritti, come quelli di Krafft-Ebing, la Nin restò molto consapevole che i linguaggi della sessualità maschile e femminile erano assolutamente distinti, per cui si concentrò innanzitutto nel fornire agli scenari espliciti un tocco poetico che trascendesse le immagini pornografiche. Nel suo Diario (Diary, ottobre 1941), si definiva scherzosamente: "the madam of this snobbish literary house of prostitution, from which vulgarity was excluded".
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Venus im Pelz
I dettagli della vita privata di Masoch non vennero allo scoperto fino a quando non furono pubblicate le memorie della sua “Gradiva”, Aurora von Rümelin, Meine Lebensbeichte (1906), sotto lo pseudonimo di Wanda von Dunajew (il nome del personaggio principale della Venus im Pelz (1870); e questo diversi anni dopo la Psychopathia Sexualis: eine Klinisch-Forensische Studie (1886) di Richard Freiherr von Krafft-Ebing, dove era stato coniato il termine della parafilia a lui connessa.
Krafft-Ebing
«Come autore, ha subito gravi danni per quanto riguarda l'influenza e il merito intrinseco della sua opera; per così tanto tempo e ogni volta che ha eliminato la sua perversione dai suoi sforzi letterari è stato uno scrittore dotato, e come tale avrebbe raggiunto la vera grandezza dietro l’azione di sentimenti normalmente sessuali. A questo proposito, egli è un notevole esempio della potente influenza esercitata dalla vita sessuale, sia in senso buono che cattivo, sulla formazione e la direzione della mente dell'uomo…».
L'eredità di Caino
Sacher-Masoch aveva concepito tutta una grandiosa serie di racconti dal titolo collettivo «Das Vermächtnis Kains» - eine «Menschheits-Geschichte» (L'eredità di Caino, una storia dell’umanità) che avrebbe dovuto rappresentare la sua estetica Weltanschauung. Il ciclo s’aprì nel 1869 con il manifesto Der Wanderer (il vagabondo), che fa emergere dei peculiari temi misogini, a cui avrebbe fatto seguito Der Capitulant (Il Capitolare) e Mondnacht (Notte di Luna), oltre a una prefazione al Don Juan von Kolomea; ma, dei sei volumi previsti, furono completati solo i primi due ed entro la metà del 1880, questo progetto venne definitivamente abbandonato. Tuttavia, il secondo volume, del 1870, che avrebbe compreso anche Die Liebe des Plato (L’amore di Platone), e Marzella oder das Märchen vom Glück (Marzella o la favola della felicità), era destinato, con Venus im Pelz, a renderlo celebre nell’esprimere i tipici feticci del masochismo e le fantasie per le donne dominanti che indossano pellicce.
Venere allo specchio
L’immaginazione del protagonista del romanzo, Severin von Kusiemski, sarebbe stata suggestionata dalla Venere allo specchio (1555) d’un Tiziano Vecellio antesignano di Delacroix; ridipinto su un doppio ritratto non portato a termine (un ripensamento?), del precedente conservava quel mantello rosso bordato di pelliccia, poi riposizionato sotto il braccio della dea; e questo riutilizzo sembra abbia giocato il ruolo più importante nella nuova composizione pittorica, che probabilmente rientrava nella serie delle cosiddette «poesie», di solito proposte a Filippo II di Spagna per quel suo camerino segreto con opere di contenuto erotico. La posa dell’icona della bellezza ricorda quelle classiche della Venere de' Medici a Firenze o della Capitolina a Roma, ma il genio di Pieve di Cadore, nell’abbigliamento contemporaneo, sembra quasi anticipare il sogno iniziale del romanzo in cui il freddo marmo della statua si rianima al calore della pelliccia con cui s’avvolge. Un sogno che richiama pure la leggenda di Tannhäuser nel Venusberg. E vien da pensare che anche quello di Jensen nei confronti dell’aristocratico galiziano non sia soltanto un debito letterario che riguarda l’assetto iniziale del racconto.
La frusta, l’adulterio, il voyeurismo
A Masoch la brama per la frusta e per la "donna crudele e demoniaca" era stata inculcata da una zia a cui piaceva avvolgersi in pesanti mantelle. Quando lui venne scoperto quale segreto testimone, voyeur, d’un adulterio, lei gli impartì una prima memorabile lezione: "Anche se mi contorcevo sotto i colpi crudeli della bella donna", scrisse "devo ammettere, però, che ho provato un certo piacere nel farlo.". E così decise che avrebbe preferito "lasciarsi rovinare" piuttosto che "annoiarsi e impantanarsi spiritualmente con una cosiddetta donna virtuosa per tutta la vita".
È questo che lega il professor Rath a Lola, in Der blaue Engel (1930), o Calaf a Turandot, Oloferne a Giuditta, Penteo ad Agave?
Triolismo
Il suo tipo possiede “occhi di sfinge”, “diventa crudele per lussuria e lascivo per la crudeltà” e, “sebbene lo tormenti e lo umili”, quel “corpo di tigre” è adorato dall'uomo che ne è vittima. Ambiguamente, chi si lascia frustare, in fondo, lo merita («Wer sich peitschen läßt, verdient, gepeitscht zu werden.»), un’ammissione che ha il tono canzonatorio del cinismo. Ma, allorquando sopraggiunge la “guarigione” grazie alla complicazione del triolismo, la "morale" ulteriore si semplifica per promuoversi emancipatrice: «Daß das Weib, wie es die Natur geschaffen und wie es der Mann gegenwärtig heranzieht, sein Feind ist und nur seine Sklavin oder seine Despotin sein kann, nie aber seine Gefährtin. Dies wird sie erst dann sein können, wenn sie ihm gleich steht an Rechten, wenn sie ihm ebenbürtig ist durch Bildung und Arbeit.» (Quella donna, come la natura l'ha creata e come l'uomo attualmente la coltiva, è sua nemica e può essere solo sua schiava o despota, mai sua compagna. Potrà farlo solo quando sarà uguale a lui nei diritti, quando lo eguaglierà in termini di istruzione e lavoro).
La festa delle Messaline
Il motivo delle sue fantasie insistette col ristagnare in afose ed esotiche variazioni maniacali di naturalistiche istantanee etnologiche del passato: dalle Storie galiziane (Galizische Geschichten) alle Storie di corte russe (Russische Hofgeschichten), da Donne crudeli (Grausame Frauen) alle Messaline viennesi (den Messalinen Wiens), da La Festa del raccolto (Das Erntefest) al Falso Ermellino (Falscher Hermelin).
Anche nella vita reale, ovviamente, s’è dato da fare per convincere e trattenere il “soggetto” soggiogatore della sua volontaria schiavitù. Creò a sua immagine speculare delle donne dominatrici, ne addestrò i “diavoli” e le legò con veri e propri formali contratti scritti, a somiglianza dei patti siglati da Faust, tanto da infarcire di citazioni letterarie quello che resta un capolavoro tratto da vicende vissute.
La baronessa falsa e il cavaliere vero
Fanny Pistor Bagdanov, s’impegnò a "indossare pellicce il più spesso possibile, e soprattutto quando” s’apprestava a “punirlo” nella più profonda umiliazione e in un delirio estremo. Aveva incontrato il Cavaliere (Ritter) von Sacher-Masoch, da letterata emergente, per ricevere suggerimenti su come migliorare la propria scrittura e renderla adatta alla pubblicazione, dopo averlo contattato sotto il falso nome e il fittizio titolo di “baronessa” Bogdanoff.
Ritter
Il titolo Ritter, di cui non esiste una forma equivalente al femminile, prima dell’agosto 1919, era considerato dall’inquadramento nobiliare tedesco “parte” del cognome e precedeva il nome completo (Ritter Leopold von Sacher-Masoch); con l'abolizione della nobiltà come classe legale, qualsiasi titolo (per esempio, graf, conte, baron …) e prefisso nobiliare (von, zu, ecc.) possono continuare a essere usati, ma vengono considerati “dipendenti” del cognome, e quindi posti di seguito al nome (Leopold Ritter von Sacher-Masoch) e ignorati nell'ordinamento alfabetico.
von Masoch
Il Nostro era nato nella città di Lemberg (Lviv, in ucraino), la capitale del Regno di Galizia e Lodomeria, all'epoca provincia dell'Impero austro-ungarico, da una nobildonna ucraina ultima in linea di successione, per cui il cognome della famiglia in via d’estinzione, von Masoch, venne accorpato, su espressa richiesta, a quello austriaco del padre, semplice Ritter von Sacher e riconosciuto con un nuovo titolo nobiliare come von Sacher-Masoch.
Angelika Aurora von Rümelin
Ma la Bagdanov non è stata l’unica ispirazione per Venus im Pelz, poiché Masoch ha fatto del suo meglio per vivere le sue fantasie con le altre sue amanti e mogli, come Angelika Aurora von Rümelin, fin quando questa non lo lascia per un altro. E, difatti, anche nella finzione letteraria, la protagonista finisce per tradirlo platealmente, contribuendo così a una sua “apparente” guarigione da catartica esperienza erotica triadica, e a trasformarlo, nel rapporto con le donne, in dominatore e soggiogatore, nella convinzione dell’impossibilità che uomini e donne vivano insieme su d’un piano di parità, almeno finché le donne non divengano socialmente uguali agli uomini in termini di istruzione e lavoro.
Meine Lebensbeichte
Nel matrimonio, Sacher-Masoch avrebbe voluto vivere la parodia del suo romanzo, visto che nelle Meine Lebensbeichte, Wanda/ Angelika Aurora descrive, in una sorta di gabinetto dell'orrore piccolo-borghese, il marito, gemente dopo un pestaggio, usare anche la frusta come stimolante d’un’ispirazione totalmente abbandonata a un "demone furioso". Quello della passione che, attraverso i maestosi poteri del gioco, confonde l’erotismo fino a illudere con una seduzione mantenuta nella permanente tensione del desiderio.
Verführung: Die grausame Frau
Il film “femminista” di Elfi Mikesch e Monika Treut, Verführung: Die grausame Frau (1985), termina con un attentato: da parte d’un marito schiavo, tenero e innamorato, di fronte al pubblico di habitué dalle svariate perversioni e delle assistenti-amanti della moglie, tra cui non manca chi si chiama Justine, o chi è particolarmente interessata alle calzature; un attentato nei confronti della tiranna, donna d'affari, dominatrice e padrona, che organizza a pagamento pubblici spettacoli BDSM (Bondage & Disciplina, B&D; Dominazione & Sottomissione, D/s o Ds; Sadismo & Masochismo, S&M o SM). Il gesto violento riesce solo a imprimerle sul volto un’espressione di suprema beatitudine assolutamente ineffabile.
Jean Baudrillard diceva: “La séduction représente la maîtrise de l'univers symbolique, alors que le pouvoir ne représente que la maîtrise de l'univers réel.” (De la séduction, 1979). C’è da aggiungere che molteplici strati di perturbante ("unheimlich") suggerirebbero come una tale forte presenza inquietante sosterrebbe tanto un attivo fascino duraturo quanto le forze ricollegabili al senso di passività e di morte.
C'est Gradiva qui vous appelle
Poco prima di morire, Alain Robbe-Grillet realizza il film C'est Gradiva qui vous appelle (2006), in cui compaiono inserti di scene tratte da suoi precedenti lavori cinematografici (da Trans-Europ-Express, del 1966, a L'éden et après, del 1970, e Glissements progressifs du plaisir, del 1974), insieme con un'autocitazione del titolo del suo romanzo Souvenirs du Triangle d'Or (1978).
Al “Triangle d'Or”
A Marrakesh, l'orientalista John Locke riceve delle diapositive relative a disegni perduti di Eugène Delacroix, aventi come soggetto l'amante marocchina del pittore francese, la schiava andalusa Leila (Gradiva), giustiziata per gelosia dal sultano suo padrone. Da quel momento, per le strade e i locali (come il Club of the Golden Triangle o Les chats perdus) della città imperiale, John incontra furtivamente, e in successione (nonché, “en souvenir d'un crime impuni”) più d’una “Gradiva rediviva”, Leila/ Hermione, Justine, Elvira, Belkis, Claudine, Joujou (l’odalisque noire)… - Una frammentazione sadica e una masochistica serialità del medesimo personaggio, dalla figlia di Elena, promessa sposa di Oreste, citata da D’Annunzio ne La pioggia nel pineto (1902), alla regina di Saba del sogno di Salomone di Ottorino Respighi (1932)?
Come scriveva Freud in Über einen besonderen Typus der Objektwahl beim Manne (1910): fin quando ogni surrogato manca ancora della soddisfazione desiderata, l'«insostituibile» attivo nell'inconscio si rivela spesso dissolvendosi in una sequenza infinita.
Eugène Delacroix
Durante la visita a quello che definiva «l'Oriente mediterraneo», nel 1832, Eugène Delacroix creò sette od otto taccuini quotidianamente appuntati con schizzi e acquerelli frettolosi. I sei sopravvissuti, assieme a Femmes d'Alger dans leur appartement (1833), dipinto al rientro a Parigi, sono considerati i precursori dell'orientalismo nell'arte del XIX secolo. E, con il suo film, Robbe-Grillet rende soprattutto un omaggio a questo movimento artistico e al mito stesso d’un esotismo carico di erotismo, in cui la donna agisce come vittima, prigioniera e, allo stesso tempo, seducente e ambigua “schiava” (padrona, alla maniera dell’intermezzo di Pergolesi?) del sesso.
La Mort de Sardanapale
Eppure, forse anche inconsapevolmente, il Robbe-Grillet regista era stato influenzato molto di più da come il pittore Delacroix, nel 1827, aveva reso «la rappresentazione d’un incubo sadico, in cui il possesso coincide con la distruzione dell'oggetto» (Martina Corgnati Artiste: dall'impressionismo al nuovo millennio, 2004), - già trattata da lord Byron nella tragedia del 1821 (Sardanapalus) -, riunendo figurativamente in un unico dipinto, di quasi venti metri quadrati, tutte le tematiche care al Romanticismo, come l'esotismo, l'erotismo, il pathos, l'orrore, finendo col contrapporre al «bello» il «sublime», mentre le calde tonalità d’una lussureggiante fantasia hanno da sole, secondo Baudelaire, il potere di suggerire il tripudio del fuoco e del sangue. Si noti con attenzione, però, in basso a destra, ai piedi del letto, la concubina impotente, trattenuta per un braccio da un servitore barbuto che le pianta in gola la sua lama, mentre, nell’incurvare ad arco il corpo, fa riverberare la sua potenzialità erotizzante sul sollevamento del tallone sinistro, che pone in bella mostra la caviglia, alla maniera della Gradiva.
L'Année dernière à Marienbad
Un viaggio sadomaso nell’arte, nella fantasia, e nella nostalgia, più profondo, dal punto di vista epistemologico, de L'Année dernière à Marienbad (1961), diretto da Alain Resnais, interpretato da Giorgio Albertazzi (regista nove anni dopo d’un’altra Gradiva) e sceneggiato dallo stesso Robbe-Grillet, dietro ispirazione del romanzo dello scrittore argentino Adolfo Bioy Casares, La invención de Morel (1940), definito “perfetto” da Jorge Luis Borges. Un corteggiatore intraprendente insiste di essere stato, l'anno precedente, l’amante d’una donna che di ciò non sembra serbare alcun ricordo.
La vertigine dello spaesamento
Forse proprio per questa sua comprensibile incomunicabilità (o comunicabile incomprensione?), il richiamo (racolage) di più d’una Gradiva ha dunque affascinato artisti e intellettuali del secolo scorso. Una bellissima sconosciuta, vittima e schiava, adescatrice dell'uomo privo di volontà e sognatore, che ne diventa il carnefice, sembra una leggenda in grado di suscitare devozione e rifiuto, lussuria e omicidio, perseguitando oniricamente chi ci casca, il quale perde il terreno della realtà, l’equilibrio nell’incedere, destinandosi a barcollare, impotente, come nello spazio, nel tempo, alla stessa stregua di Maria Antonietta sul patibolo.
Una dimensione morbosa
Nella maggior parte dei dipinti surrealisti c'è sicuramente una dimensione morbosa, proiettata, in particolare, dalla sessualità esacerbata. Siamo agli inizi dell’esplorazione del territorio oscuro e sconosciuto dell'inconscio, con le pulsioni nascoste di ciò che Freud tendeva ad allontanare dall’Io, magari riassumendole nella definizione d’un misterioso Id.
Molto, forse, ha anche a che vedere con l'orrore della guerra, i cadaveri martoriati, i campi desolati, il sangue raggrumato, ventri e volti esplosi. Si veda, per esempio, la Gradiva di Dalì del 1931 (Fundació Gala-Salvador Dalí, Figueres), o il medesimo soggetto di André Masson del ’39, in procinto dell’innesco del secondo conflitto mondiale.
E allora anche sadismo, oltre ad agalmatofilia, litofilia, podofilia, feticismo, parzialismo, pictofilia, spettrofilia, necrofilia, esibizionismo, masochismo, voyeurismo (anche onirico)…, per non parlare del mito di Galatea, dell’effetto Pigmalione, del teorema di Thomas…
“Colei che avanza” è la sposa? “Un caro volto familiare” la madre? “La donna che attraversa i muri” un fantasma? “Una” donna in tunica, che cammina o s’allontana, furtiva, o semplicemente attira lo sguardo sulla grazia del suo incedere, un’adescatrice?
Feticismo del piede
Innegabile la centralità d’un appena accennato, e non sufficientemente approfondito, nell'analisi freudiana, fenomeno del feticismo del piede, una parafilia, spesso espressa sotto forma di sottomissione, o umiliazione da rivivere masochisticamente, anche se, per i molti fanatici idolatri, l'attrazione dei piedi arriva a superare quella per le natiche o per i seni.
Feticismo della calzatura
La venerazione del piede e della scarpa, Freud la considerava una deviazione derivata dallo scambio d'oggetto sessuale; nella donna, il “sostituto fallico” sopperisce all’assenza di pene; mentre per Alfred Adler, si tratterebbe più d’un’autoerotica sopravvalutazione dell'alluce subdolamente mutata in interesse per la calzatura che lo riveste.
Feticismo della caviglia
Nel caso della Gradiva, l’attenzione è incentrata maggiormente sulla caviglia, scoperta e sollevata in posizione verticale, sulla punta, ripiegata verso l’alto, con dita in estensione; carico imposto sui metatarsi, invece che sul tallone, e raccorciato, a formare delle sottili pieghe cutanee sul retro, il tendine d’Achille (sinonimo di ambigua e speculare vulnerabilità?).
Feticismo dei tacchi alti
Molto comune e diffusa, non solo nel secolo scorso, la preferenza per i tacchi alti, come per le calze a rete, entrambi percepiti abitualmente come parte integrante dell’azione seduttiva femminile. Aiutando ad allungare il polpaccio, infatti, i tacchi alti creano un aspetto di gamba più lunga e generalmente più attrattiva.
Feticismo degli stivali: Hermine Hug-Hellmuth
In Teresa Raquin (1867) di Émile Zola, quale oggetto feticistico, s’indicano degli stivali. Questa particolare attenzione aveva suscitato, assieme a sadismo, (e autosadismo), masochismo, autoerotismo, ed esibizionismo, l’interesse della psicoanalista austriaca Hermine Hug-Hellmuth, di cui sono più noti i contributi nel campo della pratica analitica con i bambini, la pubblicazione di A Young Girl's Diary (del 1921, attribuito a Grete Lainer, e da Thomas Seltzer stampato a New York, con una lettera entusiasta di Sigmund Freud datata 27 aprile 1915), nonché la tragica morte per mano del figlio illegittimo della sorellastra, di cui peraltro aveva preconizzato l’evoluzione criminale.
Loto d’oro
Altra forma di feticismo del piede, dal punto di vista storico e antropologico, il cosiddetto “loto d'oro”, o “gigli d’oro” delle ragazze cinesi, termine con cui s’indica il risultato finale d’una pratica di deformazione artificiale delle estremità, costrette dentro calzature inadeguate.
Cenerentola
E qui ritorna il fascino suscitato dalla punta delle scarpe con tacchi a spillo, ulteriormente accentuato da quell'andatura oscillante causata dall’incertezza nell’incedere (il trébuchement); il giudizio estetico sulla minutezza del piede femminile è tanto diffuso e radicato da costituire addirittura il nucleo centrale della fiaba di Cenerentola, in cui risulta assoluta protagonista proprio la scomoda scarpina.
“Shoey”
Nell’operetta del 1882, di Carl Millöcker, Der Bettelstudent, il cui libretto tedesco di Camillo Walzel (con lo pseudonimo di F. Zell) e Richard Genée, è basato su Les noces de Fernande di Victorien Sardou e The Lady of Lyons di Edward Bulwer-Lytton, lo sposo beve champagne dalla calzatura della consorte appena impalmata, secondo quell’usanza moscovita, tipica degli ammiratori delle ballerine del Teatro Bol'šoj, tra sofisticata raffinatezza, decadente iniziazione e augurale auspicio apotropaico.
L'avanzante
Nata dall'immaginazione del protagonista d’un romanzo di Wilhelm Jensen (Gradiva: Ein Pompejanisches Fantasieststück, 1903), divenne ben presto una moderna figura mitologica. Il giovane archeologo, Norbert Hanold, battezza un'affascinante immagine femminile dall’attraente incedere, ammirata su d’un antico bassorilievo marmoreo, femminilizzando l'epiteto del dio della guerra “uscito [pronto a combattere]” (Marte Gradivus), o avanzante (che procede/ precede).
Le Aglauridi
In quello stesso periodo, quel bassorilievo Friedrich Hauser lo descrisse, nella collezione del Museo Vaticano Chiaramonti a Roma, come parte d’una copia neoattica d’età romana, replica probabilmente d’un originale greco del IV secolo a. C., sparsa in frammenti in varie collezioni museali (tipo agli Uffizi di Firenze) e rappresentante, nel suo insieme, le dispensatrici della rugiada notturna, Aglauridi o Agraulidi, perché figlie di Aglauro o Agraulo (Άγλαυρος ή Άγραυλος, nome derivante da aglaos e aos, luce e alba, o da agrios, contadino, che vive in campagna) e Cecrope, l’uomo rettile primo mitico re d’Atene.
In fuga dal serpente
Le sorelle Agraulos, Pandrosos ed Herse, avevano pure un fratello Erisittone, ma fu alle prime tre che Atena avrebbe affidato una cista chiusa con l'ordine di non aprirla; ordine a cui Aglauro ed Herse non ubbidirono, trovandovi il mostruoso bambino con due serpenti al posto delle gambe, Erittonio, destinato all'immortalità e a diventare signore della città, e pertanto da allora allevato nel recinto dell'Eretteo. A quella vista, Aglauro, spaventata, s’allontanò a grandi passi e, fatta impazzire dalla punizione della dea, si gettò dalle pendici settentrionali dell'Acropoli, dove ebbe dedicato un santuario, l'Aglàurion. Nelle metope del Partenone, ad aprire la cista sono Aglauro ed Erisittone, mentre, nel frontone Ovest, ad assistere alla contesa fra Atena e Posidone è rappresentata l’intera famiglia dei Cecropidi.
Tempus fugit
Dell’Aglauride Wilhelm Jensen descrive, in graziosi dettagli, la falcata veloce, del tutto difforme dai petrarcheschi “passi tardi et lenti” del XXXV sonetto del Canzoniere, suggerendone forse altre interpretazioni, una poetica, con le virgiliane Georgiche (III, 284: «Sed fugit interea fugit inreparabile tempus», ma intanto il tempo vola inesorabile), e una mitologica, piuttosto con le Ore deputate a regolare, danzando, la scansione delle stagioni della vita.
Una grazia naturale, una grazia particolare
«Circa un terzo a grandezza naturale, il ritratto rappresentava una figura femminile intera che camminava a grandi passi, ancora giovane, ma non più una bambina, e apparentemente non una donna, bensì una Vergine romana, all’apparenza poco più che ventenne. […] Una figura alta e slanciata, i cui capelli leggermente ondulati reggevano un velo grinzoso quasi completamente avvoltovi intorno; non il minimo effetto abbagliante emanava dal viso piuttosto sottile. […] La giovane donna non era affatto accattivante con la bellezza scultorea della sua forma, ma possedeva qualcosa di raro nelle antiche strutture in pietra, una grazia naturale, semplice, fanciullesca che dava l'impressione di infondervi vita. Ciò era dovuto principalmente al movimento nel quale era stata immortalata. Con il capo solo leggermente inclinato in avanti, teneva nella mano sinistra, un po' raccolta in modo che si vedessero i piedi nei sandali, la sua veste straordinariamente ricca, che le scendeva dal collo alle caviglie. Quello di sinistra era avanzato, e quello di destra, in procinto di seguirlo, toccava terra solo vagamente con la punta delle dita, mentre la pianta e il tallone si alzavano quasi verticalmente. Questo movimento evocava una doppia sensazione di agilità estremamente facile nei grandi passi e allo stesso tempo di un sicuro appoggio. La combinazione d’un'impennata simile a un volo con un contegno fermo, le conferiva una grazia particolare.».
Traumanalyse
Ernest Jones (in Das Leben und Werk von Sigmund Freud, 1962) sostenne che fu Carl Gustav Jung ad attirare su alcune novelle di Jensen (tra cui anche: Der rote Schirm e Im gotischen Hause, pubblicate entrambe, nel 1892, sotto il titolo cumulativo Übermächte, potenze superiori: il primo, L’ombrellino rosso, decisamente simbolo del sesso professionale, mostra un numero impressionante di caratteristiche comuni anche a Gradiva; l'altro, Nella casa gotica, sembra invece ricollegabile a Gradiva solo attraverso la mediazione del primo) l'attenzione di Freud, il quale perciò avrebbe scritto il suo celebre saggio sia per compiacere il discepolo svizzero, sia per farlo leggere allo stesso Jensen, con cui ebbe in seguito un breve scambio epistolare. Le tre risposte di Jensen (del 13, 25 maggio e 14 dicembre 1907) furono stampate nel 1929 (in: Die Psychoanalytische Bewegung, 1. Jhrg. Heft 1 207-211 Internationaler Psychoanalytischer Verlag, Wien), mentre le lettere spedite da Freud a Jensen non furono rese di dominio pubblico se non nel 2016, forse perché danno prova d’un rapporto un po’ ambivalente in cui il padre della psicanalisi venne inspiegabilmente coinvolto oltre ogni aspettativa, nonostante avesse sostenuto di aver "usato questa corrispondenza tra la mia ricerca e l'opera del poeta come prova della correttezza della mia Traumanalyse.".
Individuerò alcune domande…
«21.5.07 Prof. Dr. Freud IX., Berggasse 19. - Verehrtester Herr, Ihr so besonders liebenswürdiges Schreiben macht mich kühn, ich fürchte: zu kühn. Aber es liegt ja ganz bei Ihnen, mir Antwort zu geben. Ich verspreche, dem Dichter der Gradiva, dem ich soviel Anregung und Bestärkung danke, nicht gram zu werden, wenn er auf diese neuerliche Aggression nicht reagiert…» (Caro Signore, la Sua lettera particolarmente amabile mi rende audace, temo troppo audace. Ma sta a Lei rispondermi. Prometto di non arrabbiarmi con il poeta di Gradiva, a cui sono grato per tanto incoraggiamento ed esortazione, se non reagirà a questa rinnovata aggressione…).
«… Avrebbe ora la grande misericordia - non posso dire diversamente - di non rifiutarsi di darmi alcuna informazione in merito? Mi impegnerei volentieri a un'assoluta discrezione, se lo desidera; secondo la mia professione sono il custode di molti segreti. L'opportunità di cogliere il nesso tra la suggestione d’un poeta e l'opera è troppo rara e troppo preziosa perché io non azzardi la richiesta. Certo, capirei anche di non concederli. Individuerò alcune domande, anche se accetterò con gratitudine qualsiasi cosa abbia da condividere. Dove ha preso il motivo della storia, il risveglio di una reminiscenza attraverso un rilievo? Come si va oltre il presupposto fantastico della piena somiglianza tra l'immagine vivente e quella antica? Quali persone ha usato come modelli specifici per lo studioso impegnato nel rifiuto sessuale? Infine, dove si nasconde la Sua persona e fino a che punto risale il materiale nella Sua vita? Pensi cos'altro dovrei chiedere se fossi abbastanza fortunato da starLe vicino e riscuotere la Sua fiducia!... ».
La somiglianza metonimica
Freud non trova motivazioni plausibili a due elementi del racconto che sembrerebbero nati, del tutto casualmente, dall'arbitrio del poeta. La somiglianza del bassorilievo con l'amica d'infanzia di Hanold può tuttavia provenire da un unico particolare (feticcio) in grado di suscitare, secondo una sorta di sostitutiva sineddoche, un’impressione di perfetta identità estesasi all'intera persona.
Meleagri Domus
Più difficile giustificare l’imponderabile incontro a Pompei con la Zoe (ζωή, vita “che risplende nel camminare”), “da cui fugge” l’archeologo, nonostante ella vi sia stata condotta dalla paterna passione erpetologica, e quindi “zoo-logica” (ζῷον, studio degli “esseri viventi” e implicito interesse per la figlia ζωή), appunto per la sfuggente lucertola (Lacerta coerulea faraglionensis); questo avrebbe più a che fare probabilmente con l’ultimo sogno di Hanold, in cui Gradiva prova a catturare una lucertola, il rettile cecropide che del resto la rappresenta, proprio per via del fatto che le “sfugge”, infilandosi in una crepa nel muro della Meleagri Domus (casa di Meleagro), il mitico cacciatore del gigantesco cinghiale di Calidone. Ed è quest’ultimo a manifestarsi, sempre a un certo punto del sogno, sotto forma d’un uccellino che porta via la lucertola nel becco, o non piuttosto la stessa Zoe, ninfa mutaforma (shapeshifting), in una sorta d’esperienza sadomasochistica (o, meglio, auto-sadica) infantile, che alla fin fine maggiormente l’accomuna al protagonista?
Verschüttung und Verdrängung
«… mi sono appassionato agli studi archeologici fin dall'inizio di questi [miei] interessi, come sotto l'incanto dell'analogia tra “seppellimento” [Verschüttung] e “repressione” [Verdrängung]…».
Comunque, da una parte, quando gli fu richiesto, Jensen ha assicurato di non conoscere il testo dell'interpretazione dei sogni di Freud, che pure era stato dato alle stampe nel 1900; e, dall’altra, anche Freud subì l’irresistibile fascino della Gradiva, di cui possedeva una copia tuttora rimasta visibile sulla parete del suo studio museo di Londra.
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