Il settore motoristico è forse quello che, oggi, sta trasformandosi di più. Un motore (che sia per navi, barche, piccoli aerei, camion o automobili) è fatto con leghe metalliche che devono essere fuse e poi modellate a temperature elevatissime, per costruirlo si impiegano strutture ad impatto ambientale quasi disastroso (pensate alle acciaierie). Una volta prodotti i cilindri, il monoblocco, l’albero motore eccetera, i vari pezzi vengono assemblati e viene fuori il complicatissimo gioiellino che brucia combustibile e produce movimento. Ma brucia combustibile, e questo è un problema. Per questo, oggi, si sta passando dal motore a combustione al motore elettrico. Dal punto di vista produttivo cambia moltissimo: le parti del motore, invece di dover contenere in un cilindro lo scoppio di un combustibile compresso da un pistone, saranno magneti e bobine che non bruciano nulla e la rotazione (o il movimento) nascerà da un campo elettromagnetico. Che meraviglia: un elemento che ruota all’interno di un elemento che rimane fermo, in mezzo il mistero dell’elettromagnetismo, una batteria ricaricabile e nessuna esplosione. Qui vi voglio: occorre un magnete! E una batteria! Si direbbe, infatti, che il motore elettrico non inquina, non brucia combustibile ed è strutturalmente semplice rispetto al motore a scoppio. Infatti lo è! Ma se la produzione dei componenti di un motore a scoppio impegna enormi risorse in acciaieria, la produzione dei magneti implica che si estraggano sempre più “terre rare”. Infatti, l’estrazione e la raffinazione di queste terre è in esponenziale aumento, eppure pochi sanno che compromette l’ambiente di estrazione e che il processo di raffinazione è estremamente inquinante. Da un’altra parte, oltre a dover estrarre le materie prime, occorre produrre molta elettricità per far funzionare questi motori e le centrali eoliche o i pannelli solari hanno un impatto ambientale spaventoso, sono poco efficienti e hanno problemi di smaltimento nel momento in cui richiedono la sostituzione. Inoltre, per essere prodotti, usano anche questi le così dette terre rare.
Insomma, occorre tanta corrente e i sistemi che abbiamo per produrla, se sono “verdi” (nonostante sia altamente inquinante produrne alcune parti) ne forniscono assai poca a fronte della devastazione di milioni di ettari di terra (con impatto spaventoso sulla biodiversità) e di meravigliosi paesaggi (beh, immaginate Venezia o Firenze con le pale eoliche sullo sfondo).
Per questo c’è chi paventa un ritorno al nucleare che forse ha un impatto ambientale minore, ben sapendo che occorrono decenni per avviare una centrale e che il rischio disastro, in caso di incidente, è a livello estinzione dell’umanità (ricordiamo Fukushima o Chernobyl e moltiplichiamo il rischio disastro per il numero di centrali che potremmo avere in più). Certo, un incidente in una centrale eolica non è comparabile allo stesso incidente in una centrale nucleare, ma sul piatto della bilancia va messo tutto, come ad esempio, quante città illumina una centrale nucleare e quante lampadine in una fattoria si accendono con una pala eolica, e quanto si inquina per estrarre i preziosi metalli per fare i magneti di centomila pale eoliche, che illuminano tanto quanto una centrale nucleare. Ah, a volte ce ne dimentichiamo: esiste il geotermico (l’Italia è ricca di queste risorse), pulito, silenzioso, poco pericoloso e di impatto ambientale minimo in confronto alle enormità di altre fonti d’energia.
Insomma, occorre fare una riflessione assai complessa e non è questo il tema dell’articolo.
Dopo questa lunga introduzione, vale la pensa fare una considerazione che riguardi il campo del lavoro: le acciaierie dovranno produrre molti componenti per motori elettrici e meno monoblocchi e pistoni, ma non credo che lavoreranno di meno. Lavoreranno moltissimo, invece, i produttori di magneti e i produttori di batterie. Attenzione, però: la maggior parte di questa roba è prodotta in Cina, e questo non per esternalizzazione di processi produttivi, ma perché i cinesi hanno saputo investire dove c’era bisogno. Non solo, le materie prime sono estratte e lavorate in prevalenza da industrie cinesi e l’Europa entra in gioco solo marginalmente.
Ma oltre i pezzi di motore, cosa abbiamo? Ovviamente la progettazione, la ricerca, l’assemblaggio, ma questo è sempre più robotizzato (e i robot fanno uso di terre rare e carinerie simili). E la logistica? Ecco la chiave per capire di che futuro saremo protagonisti: l’intelligenza artificiale, le telecomunicazioni e la robotizzazione hanno raggiunto livelli tali per cui non è difficile capire che, nel giro di pochi anni, le navi saranno autogestite e avranno guida autonoma e anche le automobili e i camion saranno sempre più a guida autonoma (si salveranno forse le motociclette e le automobili supersportive), del resto la strada l’hanno battuta gli aerei che da tanti anni ormai hanno il pilota automatico e nessuno si è mai lamentato. Ecco il punto: l’impatto di queste tecnologie non sarà tanto sull’industria, che sfornerà strumenti sempre più sofisticati, ma sull’intero settore della distribuzione e del trasporto, per cui avremo orde di tassisti, marinai e camionisti disoccupati, mentre gli scaricatori e i facchini, pur se assistiti dagli immortali “muletti”, saranno sempre pronti ad allietare le nostre giornate.
Ma non solo: le nuove tecnologie consentiranno una gestione assai agile delle risorse che, in gran parte, sarà sempre più automatizzata, si ridurranno, quindi, le risorse umane necessarie per queste attività, e si farà sempre più presente l’economia condivisa, per cui aziende e persone faranno ricorso non più al proprio veicolo, ma al noleggio al minuto, come già stiamo vedendo in molte città europee, riducendo di molto i costi.
E tutto questo sarà gestito dalle APP.
Oh, mi direte, allora ci mettiamo a sviluppare le APP e abbiamo risolto il problema del lavoro. Sì, ma per quanti?
Un dato incontrovertibile è che il lavoro sarà sempre più a termine perché legato alla realizzazione di un progetto, e sarà sempre più legato a competenze tecnologiche che, per loro natura, devono evolvere continuamente.
Vogliamo dare lavoro? Occorre dare competenze, l’area della formazione continua diventerà fondamentale affinché il lavoratore di oggi sia ancora utile domani. E lo studio personale sarà un altro fattore necessario, perché la formazione da sola non basterà.
Ma non solo: il lavoro non avrà una proiezione a lungo termine e saranno sempre più necessari strumenti di ricollocamento, accompagnati da formazione professionale di alto livello (settore che in Italia non è mai stato preso in considerazione).
Dunque, ricapitolando: molte categorie lavorative saranno sacrificate all’insegna del nuovo che avanza (è stato sempre così, ma stavolta la situazione è molto più drammatica) e prolifererà lo sviluppo SW, la gestione di progetti e l’assistenza online, peraltro già in buona parte automatizzata e roba simile, ma quanti posti di lavoro avremo a fronte dei posti di lavoro che si perderanno? Ho letto da qualche parte che siamo in un rapporto di 2 a 7, ma questo era prima del Covid, ed è innegabile che questa pandemia ha portato un’accelerazione di questo processo rivoluzionario che stiamo vivendo.
Ma oltre questo, cosa c’è? L’ambiente, per Diana… in tutto questo discorso non può mancare un occhio di riguardo alle professioni e ai lavori che si creeranno quando la questione ambientale sarà presa veramente sul serio: controllo, monitoraggio, pianificazione, imballaggio, economia condivisa, smaltimento dei rifiuti, rifiuti tossici, riduzione di uso delle risorse ad alto impatto ambientale, aumento delle misure di sicurezza, studio sul futuro, acqua, aria, terra e fuoco… ecco una cosa di cui non abbiamo parlato: l’acqua! Ce ne sarà sempre di meno e ne servirà sempre di più. Dove trovarla se la desertificazione avanza? In Russia. Ah, già, e come conservarla? Come purificarla se la pioggia è sempre più acida?
Insomma, oltre a pensare come gestire i cambiamenti di cui siamo testimoni, non dobbiamo mai dimenticare che l’umanità potrà vivere ancora per qualche secolo solo se sappiamo dove trovare l’acqua, come proteggere la terra, come pulire l’aria e come controllare il fuoco che sta desertificando la nostra amata e mai rispettata Terra. E i lavori del futuro devono girare intorno a questo assioma, altrimenti finisce male!