L’arte rende eterni gli artisti. Le loro opere sopravvivono alla loro vita e si incrociano con le vite altrui. Le vite silenziose di chi legge, di chi ascolta musica, di chi ammira un quadro.
“La canzone di Marinella” uscì negli anni Sessanta.
Ed io, nato quasi appena iniziato il millenovecentosessantuno, non la ricordo, quando uscì al grande pubblico.
Quegli anni non li ricordo per Marinella, ma per altro.
O forse, credo di ricordarli. Magari li avrò sognati, immaginati.
Inventati, soprattutto, quando poi presi la licenza sfrontata di scrivere.
Li ricordo, quegli anni, per una diaspora e un lungo ritiro.
La racconto sempre anche quando non ne parlo, la mia diaspora.
Anzi, l’hanno raccontata al mio posto Michelino, Nino e Maria.
E pure gli scogli.
Però questa è un'altra storia, e la licenza di scrivere non mi consente comunque di andare oltre.
Ma cinque, sei anni dopo Marinella irrompeva dalla radio con antenna retrattile, scura e rettangolare, che nelle sere invernali mi teneva compagnia.
C’è uno spazio neutro di vita che va dai dieci, undici anni ai quindici che non sai che sei, e né chi sei.
Ti identifichi in altro da te.
Cerchi suggerimenti all’esterno del tuo corpo, che cambia col passare dei giorni, le risposte che non sai dare.
Senti solo le domande.
Avvengono cose senza significato.
L’arte aiuta a dare significato a chi ne cerca uno. Uno qualsiasi per sentirsi dentro la vita.
La prima volta che sentii in radio Marinella la ricordai subito. La cadenza lieve e drammatica, le note facili da ricordare, la voce profonda del cantante senza volto.
Cercavo di interpretarla come potevo, quella canzone triste come un bambino che non è più bambino, ma non è neanche ragazzo.
E meno che mai uomo.
L’arte aiuta il nulla a sentirsi qualcosa.
Marinella era l'ideale per un quasi adolescente che si trovava in mezzo alla lotta tra il mondo vero, fatto di realtà anche dura, e il mondo rappresentato, fatto di giorni patinati.
Mi chiedevo ossessivamente perché scivolava nel fiume, Marinella.
E mi chiedevo anche cosa fosse un fiume, io che avevo visto solo il mare.
Non capivo se l'avesse fatto di proposito, a scivolare, oppure l'avesse gettata qualcuno per ucciderla.
E poi perché in primavera.
Non si può scivolare nel fiume a primavera, mentre i giorni diventano lunghi, la luce entra dalle finestre fino a tardi, le nuvole diventano bianche ed innocue a sostenere il cielo azzurro.
Fu la mia prima contestazione, verso la sconosciuta Marinella che scivolava nel fiume nella stagione sbagliata.
C’è l’inverno per morire, non la primavera.
Ma subito entri in empatia con “il re senza corona e senza scorta”.
Erano i mesi che il bambino ancora non ragazzo iniziava a sentire uno sfrigolare tra il ventre e il cuore quando di fronte all’aula passavano le bambine diventate ragazze.
Non capivo il linguaggio del ventre. Era ancora quasi presto.
Ma sentivo il peso nel cuore. E chiedevo al re senza corona e senza scorta di farmi capire cosa accadesse in me.
E lui mi rispondeva.
Mi immaginavo allora, nelle passeggiate serali, bussare cento e cento anni ancora ad una porta che non si apriva mai.
Ad una porta che era dentro di me, ancora chiusa.
Da lì a qualche anno avrei visto Faber in foto.
I suoi capelli lisci e scuri, il suo viso glabro, le sue braccia che terminavano con una chitarra al posto delle mani.
Sarebbe entrato ancor di più nei miei giorni con altri pezzi. Anzi, come si diceva allora, canzoni.
Il Paese Vecchio diventò la Città Vecchia, e la Marina di Melito divenne la calata dei Vecchi Mori. Ma il primo indiscusso empatico song fu la canzone di Marinella.
Fabrizio De André capì che non si poteva morire in primavera, e lo fece in gennaio, come la sua preghiera.
Lasciava la biologia per diventare storia.
Perché l’arte da comprendere anche la morte.
Lo ascolto ancora, inchiodato ad un corpo che continua a cambiare diventando bianco, e ancora più stanco.
E lo ringraziano i matti, i blasfemi, i malati di cuore, le puttane, i vecchi pensionati, Andrea, Marinella, Angelina, il pescatore.
E lo ringrazio pure io, che nel mio primo libro, da uomo senza regole, divenni il Suonatore Jones.