La Calabria è terra di tesori nascosti, di ricchezze inaspettate, di saperi antichi tramandati di generazione in generazione.
Impastare la terra, dargli forma, riprendere gli antichi stilemi e cercare di crearne di nuovi.
Nella tradizione popolare spesso troviamo la trasposizione di miti che vengono da lontano, immagini di culti pagani ormai dimenticati, ma vivificate nella tradizione che gli ridà vita.
E questo accade ovviamente proprio attraverso l'arte popolare.
L'arte popolare è l'espressione più genuina, sincera di quelli che sono antichi saperi, mai dimenticati, ma spesso taciuti.
La tradizione è sempre viva, altrimenti muore e si dimentica. Dicevamo dell'arte popolare: sì perché mentre l'arte cosiddetta ‘alta’ è a immagine di un artista, deus ex machina, che immette nella sua produzione una traslazione nel suo proprio immaginario, nell'arte popolare questo carattere non fa riferimento a una sola persona, ma a una cultura sociale che sopravvive e vive nella produzione artistica. Ovviamente l'artigiano artista ci mette del suo, e questo ci permette di riconoscere i vari manufatti e le botteghe in cui sono stati realizzati.
Ma se possiamo parlare di una produzione legata a un determinato luogo geografico di pertinenza, lo possiamo fare solo guardando a questa bellissima trasformazione che rende visibile e intellegibile la cultura orale nell'espressione formale di manufatti senza tempo.
La tradizione popolare crea spesso degli stilemi riconoscibili e che diventano storia dei nostri territori e nostra memoria.
Questo accade spesso nell’uso delle materie prime locali, e accade così, ad esempio, che l'argilla del Mediterraneo prenda forme e sfumature diverse, a seconda dei luoghi di lavorazione, mantenendo però una matrice comune.
Questa matrice comune la troviamo identificabile, spesso, in quella che è un‘assonanza di colori ma anche di tecniche e di rappresentazioni tecniche formali.
Questo accade sia per manufatti, come appunto quelli in terracotta, e ceramica. Interessante ora parlare delle ceramiche di Seminara e della loro storia.
Delle tante arti mi piace pensare a quella del modellare come la più carnale, il rapporto tra artista e materia è quanto di più intimo possa esserci, modellare è un’arte davvero vicina all'idea di creazione primigenia, e al tempo stesso di parto sofferto, sublimato poi dal fuoco.
Servono infatti tutti gli elementi: la terra da modellare, l’acqua per ammorbidirla, l'aria per seccarla, e il fuoco per regalargli l'eternità.
Non è un caso che per alcune filosofie, come quella Zen, alla cerimonia del tè, si aggiunga un'altra cerimonia, che ne è al tempo stesso parte integrante, che celebra la creazione di una semplice tazzina da tè, realizzata in ceramica raku, dove i monaci berranno durante la cerimonia, e ogni tazzina viene realizzata da loro.
In Calabria, a Seminara, abbiamo una sorta di miracolo, una produzione artistica popolare di grande valore espressivo, che riesce a parlarci di antichi miti, attraverso una ceramica che assume forme apotropaiche, e queste devono essere mostruose, avere corna grandi e nasi, e bocche, deve scivolare nell'orrido, nello spaventoso, in modo da poter essere usate per spaventare gli intrusi e non lasciarli entrare nelle proprie case, dove proteggono anche dagli spiriti maligni.
Queste forme, che diventano maschere, altro non sono che la trasposizione di vecchi miti, che celebrano riti beneauguranti, riti nati molto prima del cristianesimo.
Davvero singolare che al contempo Seminara abbia una storia legata al cristianesimo, e alla Chiesa, essendo sorta in seguito alla migrazione di parte della gente di Taurianova su questo sito, intorno all'anno 1000, una volta spostata la sede vescovile da Taurianova.
La Calabria è un territorio ricchissimo di produzioni artigianali e artistiche, ma che purtroppo ha subito tante dimenticanze nel corso del tempo, tanto silenzio sulla sua storia.
Paesi come Gerace, Squillace, e come già detto, Seminara hanno tessuto una storia straordinaria per quanto concerne la Storia delle loro produzioni.
A Seminara c'è un interessante e bel museo della sua ceramica, un piccolo gioiello diretto in maniera attenta da Mario Panarello, e coordinato da Monica De Marco.
E ci vuole davvero tanta costanza e impegno a portare avanti questo progetto, ma lei è persona schiva, poco incline al protagonismo e al culto di sé.
Tante le iniziative, alcune rivolte a un pubblico di esperti, altre, come workshop e seminari, create per un pubblico più eterogeneo.
Ma tornando al silenzio sulle arti Calabresi, tema questo importantissimo e delicato, scrive Monica De Marco: ’Quando, nel 1983, Guido Donatone pubblicava il volume Ceramica antica di Calabria, i dati che si possedevano sulle produzioni regionali erano limitati agli accenni delle fonti, dal Barrio (1571) al Corona (1885), a qualche documento d’archivio e a pochi contributi sparsi della storiografia che si era imbattuta ‘en passant’ nell’argomento’, e prosegue di lì a breve: ‘Nell’introdurre il paragrafo dedicato alle Calabrie, «splendide regioni i cui abitanti furono seppelliti per secoli in mezzo alle loro montagne», neanche il Corona riesce a svincolarsi dal topos inveterato che voleva queste terre selvagge e chiuse in se stesse, poco o per nulla informate dei progressi maturati nelle altre e più progredite provincie già appartenute al Regno di Napoli.
Ebbene, anche questo assioma storiografico urta con l’evidenza di una realtà artigiana che seppe incuneare le proprie produzioni, che pure raramente abbandonarono l’ambito tecnico della semplice ceramica a ingobbio sotto vetrina, perfino in contesti dove si riscontrava una massiccia circolazione di produzioni locali anche più raffinate. E cosi, gli intraprendenti figuli di Soriano giunsero nel ’500 a esportare i propri piatti e boccali nella Sicilia Orientale e Occidentale; i Pignatari reggini altrettanto fecero con pignatte e tegami che smerciavano fino a Catania, città dove peraltro gli inventari di aromatarie attestano la presenza di «boccali verdi e bianchi di Reggio» (1618), ma anche di bocce in maiolica di Gerace e, nel 1689, di «burniuni» e di una «ballotta di Calavria»; infine, il bucchero odoroso di Calabria, prodotto a Paola e Nicastro, lodato dal Pacichelli sul finire del ’600 come prodotto apprezzato in tutto il Regno di Napoli, e che, ancora nel 1777, circolava nel Leccese’. [1]
[1] ( ‘Forme e linguaggi della ceramica nella Calabria Ulteriore: uno sguardo sui principali centri di produzione’ Monica De Marco, in ‘Forme e linguaggi della ceramica calabrese dal Medioevo al XX secolo: la lunga durata dell’ingobbio sotto vetrina’, a cura di Marco Ricci, Atti del Convegno (Soriano Calabro - Seminara, giugno 2015), Centro di Studi Esperide, Pizzo 2018.)
E poi sono da segnalare le tante fornaci ancora attive, anche se purtroppo diminuite a poche unità rispetto al passato, ma che mantengono una loro realtà vitale a tutt'oggi.
Tra queste sicuramente da segnalare: le Ceramiche Ditto, la cui fornace, accoglie il visitatore in un ambiente a prima vista nascosto. Ci troviamo infatti, dopo qualche scalino, proprio all’interno della fornace.
E poi la fornace dei Condurso, che ripropone forme e decorazioni della tradizione, i Ferraro, che sebbene abbiano mantenuto il rispetto degli antichi stilemi e colorazioni su parte della produzione, hanno tuttavia focalizzato parte della loro lavorazione arricchendola con tecniche innovative che le conferiscono uno stile particolare e riconoscibile.
Gerace, è un antico centro di produzione di ceramiche, attivo fin dal VII secolo d.C., mantenutosi attivo per tutto il medioevo e finanche poi al XVII e XVIII secolo, periodo in cui raggiunse il massimo della notorietà.
Interessante è il successo dei maestri vasai del luogo, che andarono ben oltre i confini calabresi, lavorando anche per importanti personalità del contesto politico geografico, così come i Cavalieri di Malta, l’anno scorso questo tema è stato trattato da un’interessante mostra.
E a questo proposito, quest’anno, il 22 settembre, per il costituendo Museo della Ceramica di Gerace, c’è stata l’inaugurazione della mostra permanente ‘Cretae Pictae 2, Maioliche di Gerace dal XVI al XVIII secolo’, ideata da Giuseppe Mantella e a cura di Monica De Marco, Vincenzo Cataldo, e Sante Guido.
Le maioliche di Gerace si riconoscono per la particolarità e complessità dei motivi ornamentali, che spaziano dai quelli floreali e animali, a quelli geometrici, a quelli figurativi, religiosi e mitologici.
Interessanti e riconoscibilissimi per bellezza e raffinatezza, i vasi da farmacia e le mattonelle, chiamate ‘riggiole’.
Tutte queste realtà sono da tutelarsi e promuoversi, anche grazie all'attuazione di un percorso che potrebbe proprio essere dedicato alla ceramica, ed essere non tanto legato a un solo territorio geografico, ma parte di un percorso più ampio, che si snoda a partire dal Sud del Mediterraneo per poi arrivare fino in Francia e Spagna.
I manufatti Greci e Cretesi, quelli che dal Marocco passano per la Tunisia e salgono dall'Italia meridionale più a Sud, fino a Napoli prima, e poi anche in altri paesi come Spagna, Portogallo e Francia.
Fa rabbia pensare a quanta ricchezza di prodotti e di saperi, sia costantemente taciuta altrove, in attesa di maggiori riconoscimenti nazionali e internazionali.
Bisogna parlarne di più, e maggiormente coinvolgere i giovani in workshop, come quello promosso dal Museo della Ceramica di Seminara il 26 e 27 agosto 2023, alla sua seconda edizione, con la rassegna Etnografia Viva, manifestazione esperienziale, dedicata al tema della "Fiasca antropomorfa nella ceramica di Seminara", in collaborazione col Comune di Seminara, il Centro Studi Esperide e tutti i maestri ceramisti che hanno aperto al pubblico i loro laboratori.
Ed è necessario, anche, promuovere questo tipo di turismo, per far sì che le nostre terre sì riapproprino della propria storia, e attraverso i loro manufatti, e anche e di più quelli di uso quotidiano, di una loro dignità formale ed estetica. Non stiamo parlando dei capolavori ma, appunto, dell'importanza degli oggetti di uso domestico, e questa nostra riflessione deve essere solo un punto di inizio, anche perché tanti sono i temi da affrontare in questo settore.
Vogliamo cercare di invitare a sempre maggiori riflessioni e operazioni di ripresa di quello che è un artigianato un tempo fiorente, oggi messo a dura prova dal mercato globale.