La sfida di Stefano Caccavari, giovane imprenditore calabrese.
“Rimango in Calabria e lotto per il riscatto della mia terra”
Il dilagante fenomeno dell’abbandono della propria terra di origine da parte dei giovani calabresi è una vera e propria piaga sociale che sembra non essersi arrestata neanche durante il periodo della pandemia. Un milione di persone tra il 2002 e il 2020 ha lasciato il Sud, e la Calabria è tra le prime tre regioni per numeri di giovani che emigrano altrove. Questi dati allarmanti e realistici fanno rabbrividire gli analisti e gli addetti ai lavori, ma c’è da segnalare che vi è anche chi ha deciso di rimanere nella propria regione, cercando di dar vita a progetti innovativi che costituiscono per molti una speranza, una prospettiva di cambiamento, un incoraggiante segnale di svolta. È il caso di un giovane imprenditore della provincia di Catanzaro, che insieme ad un gruppo di amici ha dato vita ad un interessante progetto di recupero di un mulino in disuso da cui è sorta un’azienda agricola specializzata nella produzione di grani antichi. Qualche settimana fa mi sono incuriosita alla storia di Stefano Caccavari, ospite in un programma di Raiuno ed ho deciso di approfondire gli aspetti peculiari del suo straordinario percorso, ritenendolo di interesse per molti giovani in cerca di occupazione che non credono sia più possibile lavorare nella loro terra. A questo giovane di 33 anni, solare ed aperto al confronto, ho rivolto alcune domande, sperando che la sua testimonianza possa essere di sprone ai tanti suoi coetanei che hanno scelto di emigrare.
Stefano nonostante lei sia molto giovane, con la sua iniziativa imprenditoriale da cui è nata l’azienda agricola Mulinum, ha dimostrato di avere molto a cuore la sua terra d’origine. Ci dica com’è nata l’idea e quali sono stati i passaggi per realizzarla.
Tutto è nato il giorno in cui un mio amico, mentre ero sempre più deciso a sbarcare negli States, mi chiese “cosa fai per difendere il tuo territorio?”: da lì, nel 2014, cedetti al richiamo della mia terra dando vita, sui terreni di famiglia, a Orto di famiglia, una multiproprietà agricola con spazi affittati ad oltre 150 ortisti, cultori del bio. Proprio laddove doveva sorgere la più grande discarica di Europa. Poco dopo, mi sono appassionato anche ai grani antichi e, grazie a un crowdfunding lanciato su Facebook per recuperare un antico mulino a pietra, in soli 90 giorni ho raccolto 500.000 euro con 100 soci provenienti da ogni angolo del mondo. Così abbiamo inaugurato Mulinum, a San Floro, a gennaio 2017.
Ora i soci sono 220 in quanto, sempre senza alcun finanziamento pubblico, stiamo avviando un altro Mulinum in Toscana, precisamente a Buonconvento, in Val d’Orcia, e in Puglia, a Mesagne.
Il nostro successo risiede in quella che mi piace definire una comunità di destino, fondata sulla condivisione di passione e obiettivi ma soprattutto sulla fiducia.
In un momento storico (che peraltro dura da decenni), in cui i giovani calabresi vanno via dalla loro terra per non ritornarci più, lei ha avuto la felice intuizione di dar vita ad una idea innovativa che fa ben sperare sul futuro della nostra regione. Ha avuto mai ripensamenti sul suo progetto? Ha mai ritenuto che fare impresa in Calabria fosse impossibile?
Ogni giorno ho la conferma di aver fatto la scelta giusta. Me ne danno prova il mio territorio, i nostri clienti e i nostri soci.
Non esiste difficoltà maggiore in Calabria rispetto ad altre regioni d’Italia. Sfatiamo questo luogo comune e cerchiamo di non essere sempre pessimisti.
Sono pienamente convinto e ho avuto dimostrazione del fatto che chi fa impresa trova gli stessi problemi sia a Catanzaro che a Milano.
Oggi, grazie a internet e all’e-commerce, se sai comunicare e offri un prodotto interessante, con la tua azienda puoi raggiungere chiunque.
Si ritiene una persona coraggiosa o semplicemente un giovane che ha creduto nelle potenzialità della sua terra?
Come dico sopra, per fare impresa, in Calabria ma anche in generale, non ci vuole coraggio bensì passione e competenza.
Negli ultimi anni, dopo decenni di spopolamento dei paesi e delle piccole realtà contadine, vi è una riscoperta dei borghi antichi e dei vecchi mestieri. Quanto è stato difficile avviare questo progetto e tecnicamente che tempi ci sono voluti per partire fattivamente con la produzione?
Paradossalmente, in Calabria, nel giro di soli 4 mesi, siamo riusciti ad inaugurare Mulinum San Floro. La burocrazia è stata molto più rapida rispetto a Buonconvento, in Toscana, dove siamo rimasti in attesa del permesso a costruire per due anni.
Una volta si credeva che fare l’agricoltore fosse un mestiere attribuibile a gente senza cultura e senza istruzione. La sua esperienza invece dimostra il contrario. Che caratteristiche deve possedere il “contadino del terzo millennio”?
Il nostro progetto dà la prova che la chiave del successo sta nel saper coniugare la tradizione con l’innovazione. Un tempo sarebbe sembrato assurdo, ma è ampiamente dimostrato che il “contadino del terzo millennio” non deve stare chiuso e isolato nella sua terra, bensì deve saper utilizzare gli strumenti tecnologici e le relazioni interpersonali per far conoscere e promuovere i propri prodotti, rafforzando sempre più la filiera corta e garantita.
La produzione di grani nuovi e di farine integrali è un punto di forza della sua produzione. L’agricoltura biologica e l’uso di materie prime selezionate hanno dato vita ad una piccola filiera che va sempre più espandendosi. Ritiene che questo progetto se replicato in altre realtà della Calabria, potrebbe in qualche modo limitare l’esodo dei giovani dalla nostra terra?
Il modello Mulinum si è dimostrato sin da subito replicabile sull’intero territorio nazionale, tanto che stiamo per concludere i lavori di costruzione del secondo Mulinum in Toscana, a Buonconvento, a cui poi seguirà quello in Puglia, a Mesagne. L’idea è di costruire un Mulinum in ogni regione, poi in ogni provincia.
Per quanto riguarda i giovani, sono già 12 i miei coetanei calabresi che lavorano con noi al Mulinum. Qualcuno, grazie a quest’opportunità lavorativa, ha deciso di restare in Calabria, anziché andare a cercare fortuna altrove. Tanti altri sono affascinati dal nostro progetto, ci affiancano e ci chiedono consigli. Per me è motivo di orgoglio riuscire a rappresentare non solo un’occasione di sviluppo ma anche un motivo di “restanza”.
Recentemente il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella le ha attribuito un’importante onorificenza per il lavoro svolto in questo settore, diversamente destinato all’oblio. Più precisamente è stato insignito del titolo di “Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana per il suo innovativo contributo rivolto alla valorizzazione del patrimonio territoriale in Calabria". Ci racconti l’emozione che ha provato nel ricevere questa importante riconoscimento.
Ricevere questo importante riconoscimento dalle mani della più alta carica dello Stato ha rappresentato un momento di forte emozione e orgoglio che segna il mio percorso di crescita professionale e rafforza la speranza di poterlo condividere sempre più con i miei familiari, amici e soci, volgendo insieme lo sguardo a una Calabria attiva e propositiva.
La sua esperienza può essere un incoraggiamento per tanti giovani disoccupati o per quanti invece preferirebbero restare in questa terra ma non hanno il coraggio di rischiare. Cosa direbbe loro per convincerli che ne può valere la pena?
Ai giovani che vogliono fare impresa consiglio di credere in sé stessi e nelle potenzialità della propria terra, sviluppare un’idea vincente, comunicarla bene, ma soprattutto di farsi affiancare da professionisti seri, persone capaci che possono condividere il progetto e creare ricchezza insieme.
Proprio come attesta la nostra esperienza Mulinum ma anche altre aziende virtuose calabresi.
A noi non rimane che augurarci che i giovani calabresi, disillusi da decenni di politiche del lavoro inconcludenti ed inadeguate, facciano tesoro dell’esperienza di questo giovane “visionario”. Perché soltanto rimanendo in questa terra bella e difficile, si può contribuire alla sua rinascita. E la storia di Stefano Caccavari ne è la prova.