Un linguaggio che serve a descrivere un altro linguaggio viene chiamato metalinguaggio. L’esempio classico di metalinguaggio è una grammatica. La grammatica analizza il discorso, lo scompone assegnando un nome e una funzione a ciascun elemento della frase. Il soggetto compie l’azione, il complemento oggetto la subisce e il verbo la spiega. La grammatica universale di Chomsky si basa su elementi formali, il sintagma nominale e quello verbale che la retorica chiama gruppo del nome e gruppo del verbo.
La sequenza “dunque, occorre pensare o agire?” lascia intendere che è stata estrapolata da un contesto più ampio, come definirla e come delimitare un contesto? È possibile definire? La definizione presuppone l’esattezza e l’esaustività. Il metalinguaggio assegna al linguaggio che analizza delle categorie oggettive, fisse e universali. Se la semiotica linguistica è oggettiva, perchè tante grammatiche, le une in concorrenza con le altre? In realtà i metalinguaggi non esistono. Sono linguaggi anch’essi. Gerghi accademici che tentano l’impossibile oggettivazione del linguaggio.
Il linguaggio e il metalinguaggio sono la stessa cosa. La lingua è un gioco di specchi, un continuo rimando da un termine a un altro, di questo ci rendiamo conto quando consultiamo un vocabolario. Invece di metalinguaggio si dovrebbe parlare di funzione metalinguistica dei linguaggi naturali. Analizzare oggettivamente il linguaggio è impossibile perché implica una uscita da esso, uno sguardo dal di fuori.
Il linguaggio è un fenomeno soggettivo fatto di interpretazioni, di ipotesi. Le ipotesi più stabili, condivise dalla maggioranza, sono considerate verità. Esso ci costituisce come soggetti, tanto è vero che i soggetti grammaticali sono una creazione del linguaggio. Non c’è differenza tra azioni e parole. L’acting out psicoanalitico è l’agire del paziente fuori dalla seduta terapeutica ma in relazione ad essa. Quando il paziente non riesce a comunicare verbalmente con l’analista e interrompe la seduta, trasforma quelle parole in azioni.
Il bravo analista chiede ai familiari o allo stesso paziente che cosa ha fatto per trasformare in parole questo agire-fuori. Il terapeuta trasforma anche le immagini oniriche del paziente in parole. Questo dimostra come le une possono generare le altre. Le parole hanno effetto sul nostro corpo e viceversa (psicosomatica, afasie). L’apparente normalità della vita cosciente rivela le fratture, i traumi e le scissioni di cui è composta nel sogno che è una valvola di scarico di questa apparente integrità della vita diurna.
Il sogno rivela come i ricordi, le azioni, i desideri, i pensieri, le paure sono intimamente legati e che sono presenti sempre, anche se quando siamo svegli non ne siamo consapevoli. Il sogno, come la decostruzione linguistica di Derrida, ci aiuta a demolire il senso e l’unità che ci opprimono. Mentre Derrida cerca di recuperare in forme non rigide ed aporetiche la ragione e il senso, Baudrillard nega l’esistenza del senso del linguaggio e afferma una sorta di autoironia della lingua che alleggerisce i propri sensi.
Pensiamo ai lapsus e ai motti di spirito. Il divertimento è dovuto al senso di liberazione per la consapevolezza del non senso che ci pervade e di cui normalmente non siamo consapevoli. Il linguaggio serve anche a esorcizzare la morte, è una dolce terapia per dimenticare che dobbiamo morire. Descriviamo e trasfiguriamo l’esistenza. Ci inventiamo mondi immaginari, amori virtuali, credenze che possono migliorare la nostra vita o confluire nella patologia. Il linguaggio è anche un potente mezzo di seduzione, come per gli animali che nel corteggiamento esasperano i movimenti che normalmente effettuano per altri scopi.
La poesia, come certe marche che le persone usano quotidianamente nel parlare, nello scrivere o nel vestire o nell’atteggiarsi, tradiscono l’intenzione di sedurre. La seduzione, come il sesso è un espediente della natura per perpetuare la specie. Rimedio contro la morte, maschera apotropaica. I ruoli che impersoniamo, le maschere che indossiamo, i linguaggi che utilizziamo sono altrettanti esorcismi. Spesso mescoliamo i linguaggi, usciamo da ruoli definiti. Questo rivela i nessi che collegano la vita. Aldilà delle opposizioni, delle definizioni, delle categorie, i confini si rivelano illusori come quello fra linguaggi e metalinguaggi.