Il Tirreno cosentino provincia campana. Sono andati via quasi tutti, i turisti mannari, i consumatori di fritture di gamberi e calamari, gli occupatori di spiagge e qualsiasi cosa che sia fruibile per trascorrere una giornata estiva, sia essa a mare che lungo i fiumi. Questi turisti conoscono tutte le aree picnic lungo i fiumi, tutte le spiagge libere, le scogliere profumate di iodio, le foci dei fiumi, e si alzano la mattina presto per portarvi sedie a sdraio, ombrelloni, fino al barbecue, per starsene lì, urlando ai propri figli, giocando a pallone come se fossero allo stadio Maradona, parlando fra di loro ad alta voce come se fossero in un vicolo di Forcella. Tutto viene privatizzato da una cultura e mentalità che non è mai stata calabrese, una cultura tendente a preservare e togliere agli altri spazi pubblici non propri. Da decenni avviene questa occupazione, da decenni una popolazione intera dal mese di giugno fino a fine agosto, si trasferisce dai propri territori originari su quelli vicini, saltando a piè pari zone di confine della Campania stessa, come la costiera amalfitana e quella di Agropoli, per il semplice motivo che lì i prezzi sono alti, sono sempre stati alti e inoltre il mare non ha la profondità e la trasparenza che ha nelle coste calabre. Qui si sentono padroni di ogni cosa, perché hanno comprato casa trent’anni fa, perché i loro genitori venivano qui fin dagli anni ‘70, perché qui pagano le tasse dell’immondizia e dell’acqua o almeno così dicono, perchè questa è la terra promessa scritta su qualche libro sacro.
Se non ci fossero loro morirebbero di fame i calabresi, ripetono quando fanno qualche discussione con qualche commerciante o residente, e tutte le amministrazioni sono acquiescenti verso questo popolo, anche se qualcosa si sta rompendo. È il sindaco di Scalea che ha cominciato a mettere dei paletti e lo ha fatto con un’ordinanza.
La spiaggia dell’Ajnella torna agli scaleoti. L’ordinanza parla chiaro, e riguarda la spiaggia dell’Ajnella, una spiaggia storica della cittadina, con una scogliera unica ed un’acqua sempre pulita, che era diventata inaccessibile a molta gente sia residenti che turisti stessi. La spiaggia era occupata da ombrelloni che vi rimanevano per tutta la stagione estiva. Erano ombrelloni che nessuno spostava per non incorrere in risse ed aggressioni, cose avvenute negli anni scorsi e fino a pochi mesi fa. La spiaggia era diventata privatizzata da chi si alzava per prima la mattina piantando file di ombrelloni per gli amici, i parenti ed anche per chi pagava dieci euro al giorno per vedersi piantato lì il proprio ombrellone, perchè la sua famiglia sarebbe arrivata in tarda mattinata, con calma. Le proteste e le denunce da parte di scaleoti oltre che di turisti civili ed attenti, fatte negli anni passati, erano diventate inutili, in nome del turismo e della gente che porta danaro qui e “non fa morire di fame i negozianti”. Quest’anno la svolta con l’ordinanza del sindaco Perrotta. Chi vuole bagnarsi all’Ajnella lo può fare portandosi solo un telo da mare e basta, senza ombrelloni, sedie e soprattutto senza barbecue e palloni.
Continua invece l’assalto all’ Arcomagno di S. Nicola Arcella
Il grido d’allarme arriva da Italia Nostra che con un comunicato stampa stigmatizza il comportamento di turisti-mannari che, come facevano con l’Ajnella a Scalea, si muniscono di tutto l’occorrente e si piazzano nella piccola spiaggetta suggestiva ed unica di San Nicola Arcella. In una lettera al sindaco Madeo, Italia Nostra mostra le proprie doglianze sulla mancata sorveglianza in questo splendido luogo. E così scrive: “Gentile Sindaco Madeo siamo ormai in piena estate. A che punto è l’attuazione dell’atto di indirizzo approvato con la delibera della Giunta n. 6 del 15 febbraio 2022 per l’affidamento del servizio di vigilanza, bigliettazione e pulizia inerente le visite controllate all’Arcomagno, al fine di tutelare questo luogo da episodi del genere che non rappresentano certo un bel biglietto da visita per il nostro territorio? La nostra Associazione, Italia Nostra, ha sempre sostenuto che questo sito necessitava di rispetto nei comportamenti da parte di tutti, non più bivacchi, non più attendamenti notturni e diurni, non più ombrelloni, ma visite guidate per piccoli gruppi, controlli, nel rispetto della fragilità ambientale del luogo”. Non è bastata la lettera degli ambientalisti e l’occupazione ancora continua indisturbata anche qui con pedalò e barbecue.
Veniamo all’assalto ai fiumi. La foce del fiume Lao era diventata un’area picnic, addirittura si mettevano i tavoli nel fiume all’ora di pranzo e si mangiava buttando i rifiuti nel fiume stesso che li portava via. E così inoltrandosi lungo l’Abatemarco, l’Argentino, il Corvino. Le aree picnic sono ad uso e consumo di chi si alza prima, con l’auto a pochi metri dal fiume e poi via a comportamenti da spiaggia, con musica ad alto volume, giochi con pallone, divertimenti vari tipo il lancio di pietre nel fiume. Anche qui si è dovuto incorrere in una delibera del sindaco di Orsomarso che ha vietato l’accesso al fiume con mezzi privati. Chi vuole può andarci a piedi o servendosi di una navetta. Per gli altri fiumi è come prima.
Veniamo ora ai pirati delle isole. Le uniche due isole calabresi, l’isola di Dino a Praia a Mare e l’isola di Cirella vengono prese d’assalto quotidianamente da barche a motore di ogni tipo. Sostano lì per fare un bagno, per mangiare, per farsi un sonnellino, per ballare sugli yacht, incuranti dell’ambiente marino messo a dura prova dalle loro ancore che ad ogni tiraggio divelgono metri e metri di Posidonia. Incuranti degli scarichi provenienti dalle proprie barche e della stessa immondizia che “tanto se la mangiano i pesci”. Le due isole fanno parte del Parco Marino della Riviera dei Cedri che comprende le scogliere di Fiuzzi e di Scalea e giunge fino agli scogli di Isca a Belmonte. Un parco di Carta senza recinzioni marine, senza alcun controllo e soprattutto senza un direttore e naturalmente senza finanziamenti per attuare delle iniziative di protezione. Per cui ognuno si sente padrone del mare, entra nelle grotte dell’isola di Dino con barche a motore, si avvicina all’Isola di Cirella fino a lambirla, distrugge i fondali marini con le ancore.
Il festival della canzone napoletana e Diamante ne diventa la capitale.
Nei cartelloni estivi lungo l’Alto tirreno cosentino, non c’è traccia di cantanti calabresi , o comici o attori, qui primeggiano i cantanti e comici napoletani, da Nino D’Angelo a Biagio Izzo a Gigi Finizio. O si può scegliere un Riccardo Cocciante a 82 euro! Non si trova un solo artista calabrese su tutta la costa e ciò che primeggia è il neo melodico napoletano. Lo si sente anche nelle musiche ad alto volume trasmesse nei lidi balneari o la sera negli improvvisati karaoke di fronte alle pizzerie prese d’assalto fin dal primo pomeriggio. Bisogna andare verso la Calabria del sud, a Palizzi, Bova fino a Caulonia per sentire la tarantella calabrese.
Ma qui è diverso, è di poche settimane fa una delibera approvata dalla giunta di Diamante su proposta dell’assessore alla cultura (napoletana), per fare un Omaggio alla città di Napoli, organizzando un concerto con un cantante neo melodico napoletano al costo per la comunità di ben 11.600 euro! Sarebbe stato certamente, un segnale diverso quello di fare un omaggio al grande cantautore calabrese Otello Profazio, deceduto nel mese di agosto ! Ma questo è lo stato delle cose. Nella fine della stagione estiva ha rotto questa "magia napoletana" il comune di Maierà con un concerto di Ciccio Nucera, grande interprete come Mimmo Cavallaro della musica tradizionale calabrese, e a metà settembre Santa Maria del Cedro ospita un concerto del grande Mimmo Cavallaro.
E chi l’ha visto il Museo?
Insomma nessuno si muove per rivendicare una propria identità, nessuno si muove per rivendicare una propria cultura, nessuno si muove per innalzare il livello culturale del nostro turismo, ridotto ogni anno di più a livelli bassissimi. Eppure negli anni scorsi molti comuni in base a leggi dello Stato hanno usufruito di finanziamenti per costruire Musei, biblioteche , archivi. E così ecco ripescare dai bauli di diversi comuni, libri antichi, attrezzi di lavoro, carte e fotografie, documenti destinati al macero. Ed ecco così un bel Museo con carte geografiche antiche a Cetraro, bei musei della civiltà contadina a Buonvicino e Grisolia, una fornita biblioteca a Verbicaro così come a Grisolia, un Museo dedicato al peperoncino a Maierà, un Museo archeologico a Cirella e Scalea, una ricca Pinacoteca a Praia a Mare, e riportati alla luce resti archeologici a Tortora e Santa Maria del Cedro visitabili durante il giorno. Ma chi li visita questi luoghi? I turisti mannari non di certo che vogliono solo luoghi dove consumare pasti, gelati, pizze . Qualche visita guidata dagli alberghi per i murales a Diamante, ma chi si prende la briga di partire dal Tirreno per andare a vedere il Bue di Papasidero testimonianza della presenza dell’uomo 20 mila anni fa e visitare l’annesso museo?
Il tirreno cosentino derubato della propria identità.
Una volta, pochissimi anni fa non era così! Il mare era solcato da pescatori e non da lussuosi yatch ormeggiati nei porti di Cetraro o Maratea. Erano tantissime le marinerie di Cetraro, Amantea, Diamante, Scalea, Cittadella del Capo, erano loro i padroni del mare. Quasi 70-80 in ogni paese. Uscivano in mare la notte e tornavano la mattina con carichi di pesce che vendevano direttamente ai turisti ed ai residenti che li attendevano sin dal mattino sulla spiaggia. La strada del Tirreno cosentino era ancora quella costruita da Michele Bianchi nel 1927 e solo nel 1970 veniva costruita la variante ss18 ora diventata intasatissima e ogni giorno teatro di incidenti stradali con morti e feriti. Si viaggiava per forza di cose lentamente e gli incidenti erano rari. La mattina, il risveglio nei paesi della cosiddetta “Riviera dei cedri” era davvero profumato dal cedro o dallo iodio profuso dalle scogliere ricche di ricci di mare e “capelli” di mare ora scomparsi. Ora si sente il profumo di oli delle barche a motore e degli scarichi fognari clandestini o provenienti dai depuratori malfunzionanti. Gli unici turisti presenti erano quelli della “Cassa di Risparmio” di Cosenza che mandava nella costa tirrenica i propri dipendenti in caseggiati appositamente costruiti per loro. Ai cosentini che avevano costruito ville a Diamante, Sangineto, Cittadella, si affiancarono turisti romani, e così fu fino agli inizi degli anni ‘80, poi arrivarono “loro” i turisti mannari. Certo non tutti sono turisti mannari, esistono persone che hanno acquistato casa e che si sentono calabresi a tutti gli effetti e rispettano le nostre tradizioni e luoghi, ma la maggioranza non rispetta il residente. Emblematico fu l’uccisione di un giovane cosentino accoltellato a Diamante da un campano per futili motivi. I sindaci democristiani dell’epoca sono i veri responsabili di quanto avvenuto. Mafia e politica si allearono e cominciò la grande distruzione. Si cominciò a costruire ovunque senza legge e senza ritegno. Le spiagge vennero derubate della sabbia per fare cemento. I fiumi vennero colonizzati da impianti per il prelievo della sabbia. Le ruspe cominciarono ad abbattere ogni cosa per far posto a enormi villaggi turistici . Ed ecco arrivare migliaia di acquirenti che acquistarono mini appartamenti di 30-40 mq , ammassati in condomini, ai quali invece dettero dei bellissimi nomi quali “Parco delle Rose” , “Parco del Cedro”, “Parco degli Ulivi” e via dis-facendo. Niente restò impunito, niente venne risparmiato ed ora correre ai ripari invocando un turismo di qualità o un turismo sostenibile è pura fantasia. Finanche la splendida scogliera di Santa Litterata a Belvedere venne cementificata così come vennero abbattuti gli unici Calanchi esistenti nel sud Italia.
Questo è il tirreno cosentino e questo sarà per i prossimi decenni facciamocene una ragione.
Ma ci sarebbero delle soluzioni tampone. Intanto bisognerebbe che tutti i comuni della costa facessero rete. Che mettessero in campo delle misure preventive atte a controllare i flussi turistici. Prima cosa il controllo sulle case da affittare è da qui che bisogna partire. Negli ultimi anni i sindaci hanno sguinzagliato i vigili a controllare che i turisti non girassero a petto nudo o in modo sconveniente! Nessuno invece controlla a chi viene affittata una casa e soprattutto quante persone l'abiteranno per il mese estivo. Ci sono case dove hanno dormito fino a 20 persone e non è un'esagerazione. In Sicilia si fitta a posto letto e il proprietario controlla che sia quello il numero delle persone che vi dormono. Chi fitta deve comunicare al comune il fitto della propria abitazione, così non solo paga la tassa di soggiorno ma si responsabilizza il proprietario sul numero delle persone alle quali ha fittato la propria abitazione. Controllo sulla marea di B&B nati nei luoghi più impensati lungo tutta la costa tirrenica tipo garage, magazzini, sottotetti, box per giunta, senza le necessarie autorizzazioni. Per cui al B&B autorizzato e ben tenuto e controllato si affiancano una miriade di strutture che riceve qualsiasi tipo e numero di turisti per lo più giovani che la sera e la notte si riversano nei paesi spesso ubriachi e male intenzionati verso chi cerca di calmarli o zittirli. Per questo occorrerebbe un controllo notturno per evitare gli schiamazzi, le risse, la distruzione di beni pubblici. Ci si fissa su chi fa musica, già regolamentata da diverse ordinanze e non sul dopo. Bande di giovani alle chiusure dei locali, si riversano alle 5 del mattino per le vie dei paesi, spesso ubriachi provocando risse e schiamazzi, danneggiando auto e tutto ciò che trovano per strada. E poi c'è anche bisogno di alzare il livello professionale di tutta l'offerta che si fa ai turisti. Più qualità, più professionalità vuol dire anche alzare il livello di turismo facendo una selezione quasi naturale fra i turisti mannari, eliminando o riducendo la tamarragine, la maleducazione, l'aggressività.
Più cultura.
Tutto il dibattito da parte dei sindaci verte sul mare, sulla qualità delle acque, sulla sua balneabilità. Tutto si riduce a questo aspetto, si importante ma in un certo qual modo limitativo sulle potenzialità che invece si hanno. Bisogna puntare intanto sulla destagionalizzazione, valorizzando i parchi che abbiamo, quello del Pollino e della Sila vicino a noi per primo, poi i paesi dell'interno che conservano tutte le antiche bellezze della nostra Calabria. Basta con concerti che non siano di calabresi. Abbiamo attori teatrali, cantanti, musicisti, attori di cinema, orchestre, di grande livello. Valorizziamoli a più non posso, alzando il livello culturale e soprattutto dandoci un aspetto nazionale piuttosto che specificatamente campano senza nulla togliere a grandi artisti di questa regione, che comunque hanno già grande spazio nella propria. Esistono in tutta la costa tirrenica una miriade di associazioni culturali che operano senza fondi o con pochissimo sostegno. Ebbene che si mettano tutte insieme in rete e vengano supportate dai comuni perchè portino avanti queste tematiche locali e sovracomunali. Più visibilità a loro piuttosto che a insulsi assessori alla cultura che non hanno mai letto un libro nella propria vita.
Qualità amministrativa.
Pare logico che a una qualità che si chiede al turismo debba corrispondere anche una qualità di chi ci amministra. Basta improvvisazione, la prossima stagione turistica si prepara da oggi che è settembre e deve proseguire fino a giugno dell'anno a venire. Bisogna programmare tutto creando una sinergia prima fra sindaci, ma poi fra imprenditori, consorzi, associazioni, enti sovracomunali, investendo risorse sulla vigilanza, sulla pulizia, sul funzionamento della depurazione, sul controllo sugli scarichi, puntando direttamente sull'ambiente e sulla valorizzazione dei propri beni. Andiamo a cominciare ?
Francesco Cirillo