I latini dicevano “nomen omen”, la sorte legata al significato del nome, un concetto mai cosi distante da noi come in quest’epoca. Il mone che portiamo e che i nostri genitori hanno scelto per noi non sempre, ci rappresenta. Mai come in questi anni, il nome, può diventare una gabbia, causa di sofferenza se non troviamo rispecchi il nostro essere. È il caso di molti ragazzi/e che non riconoscono in quel nome la propria identità di genere. Un argomento difficile da sviscerare per chi non vive questa condizione di disallineamento con quello che si è biologicamente e quello che si sente di essere; un argomento ancor più difficile da affrontare se si parla del vivere nel quotidiano, di avere a che fare con la burocrazia. Un tema che tre donne hanno voluto affrontare e, in qualche modo, cercare di spiegare. Questo accade grazie alla presa di coscienza di Giulia Ponsiglione, nella doppia veste di scrittrice, dirigente scolastico e componente dell’ANP (Associazione Nazionale Dirigenti Pubblici), che conosce il peso che la scuola e la formazione hanno sulla società e sul suo futuro, riconoscendo, insieme alla vicepresidente Nazionale ANP Mafalda Pollidori, l’importanza di fare qualcosa. Entrambe hanno trovato il sostegno e supporto concreto dell’editrice reggina Antonella Cuzzocrea di Citta del Sole Edizioni che ha scelto di appoggiare questa lotta. Tre donne che, partendo dalla presa di coscienza che esistono tematiche trattate con poca chiarezza e che devono essere portate alla luce, hanno deciso di porvi rimedio. Come? Iniziando da un libro: “Ti dirò il mio nome. Tutela delle identità di genere non conformi a scuola e nelle università”, scritto da Giulia Ponsiglione ed edito da Città del Sole presentato, ieri pomeriggio in anteprima nazionale, presso Spazio Open di Via Filippini. Un libro, come ha spiegato l’editrice Antonella Cuzzocrea, è “solo il primo di una lunga serie; infatti, questo primo questo saggio dia avvio a una collana-Scuola e Formazione-incentrata sul complesso sistema scolastico, anello fondamentale di una civiltà competitiva e progredita, seppur anello debole della nostra nazione. Lo scopo della collana è quello di estrarre e di riflettere sulla scuola e le sue ricadute sociali individualmente e collettivamente desiderabili”. Ma cos’è la carriera alias – o identità alias? È un protocollo che prevede la possibilità di registrarsi in un ente, un’azienda o una scuola con il nome che corrisponde alla propria identità di genere anche se questo è diverso da quello anagrafico. La modifica ha effetto solo nella burocrazia legata all’ente di riferimento. Obiettivo di questo testo, come ci spiega l’autrice non è quello di “fare molti discorsi teorici, le polemiche spesso si muovono sulla base di molti preconcetti e stereotipi, quello che ho cercato di fare è invece una fotografia della situazione attuale parlando con i diretti interessati: i ragazzi. Con loro si apre e, con le loro interviste si chiude il mio libro. Quello che è venuto fuori è un quadro molto variegato e molto coraggioso di giovani studenti che a partire dai primi anni dell’età scolare, e per tutto il loro iter di studi, hanno avuto problemi concreti, reali e quotidiani nell’affermare se stessi”; la domanda che vuole porre e che pone a tutta la società la Ponsiglione è semplice: “esistono degli strumenti per garantire un percorso di studi sereno a questi ragazzi e ragazze? La carriera alias offre una di queste possibilità, non è sicuramente l’optimum, non è la soluzione definitiva perché – spiega- alle spalle manca una cornice giuridica anche ministeriale oltre che governativa che in qualche modo autorizzi le scuole ad assumere certi protocolli per perseguire certi obiettivi; però, la sua informalità, essendo le scuole enti giuridici autonomi, permette agli studenti di chiedere di essere riconosciuti all’interno dell’istituto con il nome elettivo con il quale si sentono se stessi e che non li costringa continuamente a fare coming out e spiegare ogni volta perché il loro aspetto esteriore non corrisponda a quello che viene dichiarato su un documento”. Ovviamente, quello della carriera alias, come sottolineato dagli ospiti all’incontro come l’avvocato e attivista per i diritti LGBTIQ+ Lucio Dattola e la curatrice della collana Mafalda Pollidori, non può essere l’unico strumento possibile, anche perché ha dei limiti, soprattutto se parliamo dal punto di vista giuridico. Nel nostro Paese, infatti, sottolinea Dattola “la riassegnazione di sesso e genere anagrafico è consentita dalla Legge 14 aprile 1982, n. 164: ‘Norme in materia di rettificazione di attribuzione di sesso’, una legge – sottolinea – assolutamente innovativa per l’epoca e che comunque tutela e riconosce questo tipo di percorso, è però una legge che negli anni ha subito molte modifiche ma che, sicuramente deve essere perfezionata e rivista perché non rappresenta a pieno le esigenze di un individuo che affronta una transizione di genere. Le variabili sono infinite e il legislatore dovrebbe tenerlo in considerazione, ma è una lacuna più politica che della legge. L’introduzione della carriera alias, all’interno delle scuole e degli uffici pubblici è assolutamente positiva e mi auguro prenda piede anche nel settore privato, l’unica pecca – conclude - è che i provvedimenti hanno effetto solo all’interno dell’istituto/ente in cui si applica”. L’introduzione di questo strumento e la gestione corretta e rispettosa delle differenze della carriera “alias” garantisce alle studentesse e agli studenti in transizione di genere la possibilità di vivere in un ambiente di studio sereno, attento alla tutela della privacy e della dignità dell’individuo, idoneo a favorire i rapporti interpersonali affinché siano improntati alla correttezza ed al reciproco rispetto delle libertà e dell’inviolabilità della persona. C’è però da sottolineare, che gli Istituti che adottano lo strumento della carriera alias, riconoscono solo informalmente l’identità reale dello studente, ma ufficialmente, se la rettifica non viene ratificata dal Tribunale, la documentazione ufficiale al termine del percorso di studi riporterà i dati anagrafici originali. Infatti, in Italia, la persona che intende cambiare sesso e genere anagrafico, potrà richiedere un incontro a una delle strutture, delle associazioni, dei presìdi che offrono servizi per il percorso di affermazione di genere e iniziare un percorso, la cui durata è soggettiva, per giungere anche legalmente alla riattribuzione del sesso e del genere anagrafico. È bene precisare che solo al termine del percorso di affermazione di genere si potrà avanzare domanda al Tribunale competente per ottenere l’autorizzazione alla riassegnazione del genere anagrafico e al cambiamento del nome. Infotrans.it offre un elenco di strutture, presenti sul territorio nazionale, in grado di fornire questo tipo di servizi nella sezione “Mappa dei servizi”. Ad oggi, secondo i dati forniti da AGEDO, sono 247 le scuole che hanno implementato la Carriera Alias, in Calabria solo in due Istituti è stato adottato, uno nel catanzarese e l’altro nel cosentino. L’attivazione della carriera alias, è solo un piccolo tassello all’interno di una società che deve scardinare molti concetti e preconcetti, i ragazzi intervistati dall’autrice, come lei stessa sottolinea, “sono molto più avanti di noi, per loro anche l’aspetto normativo risulta limitato e limitante, perché le loro esigenze sono diverse e differenti. Ancora ragioniamo in senso binario: uomo/donna, loro vanno oltre, non vogliono essere incasellati in un genere, perché non esiste solo il genere; si parla di gender fluid e non binary, concetti che io stessa fatico a capire ma che sono una realtà con la quale dobbiamo fare i conti, e siamo già in ritardo. Per questo motivo – conclude Ponsiglione- la carriera alias è si un passo in avanti ed una cosa positiva ma resta pur sempre poco. Auspichiamo si possa arrivare ad un Gender Act come in Norvegia che tutela e permette a questi ragazzi di vivere serenamente la loro vita”.