Correva l’anno 2015 quando scrissi un articolo dal titolo “L’ottima disorganizzazione dei rifiuti urbani in Calabria”, uscito su diverse testate giornalistiche on-line e che ancora si trova nel mare sconfinato del web, in cui analizzavo la situazione della gestione dei rifiuti urbani in Calabria mettendo in luce la mancata programmazione sulle cose da fare ed una assenza totale di condivisione delle scelte con il territorio e con i comuni.
Da allora sono trascorsi 5 lunghi anni, molte cose sono cambiate e trasformate ma le carenze del sistema pubblico di gestione dei rifiuti urbani sono rimaste.
Da sottolineare tuttavia l’impegno che, specie nell’ultimo triennio, hanno messo in campo i singoli comuni che si sono avviati sulla strada della raccolta differenziata aumentando di anno in anno le loro percentuali di differenziazione e quella complessiva regionale.
Tuttavia le amministrazioni comunali hanno fatto per lo più da sole, rimboccandosi le maniche e impiantando sistemi più o meno spinti che in ogni caso hanno prodotto dei frutti; purtroppo non hanno potuto utilizzare appieno le risorse dei fondi comunitari poiché erogate dalla Regione Calabria secondo un bando complesso e difficile da applicare nel concreto. Senza dilungarsi troppo sulla poca incidenza del bando, voglio qui mettere in evidenza un aspetto, che spiega plasticamente le difficoltà di lettura dei meccanismi virtuosi che sono alla base della raccolta differenziata. Il bando erogava le risorse verso i comuni o raggruppamenti di comuni in base alla popolazione residente a cui poi si aggiungeva una certa percentuale di popolazione turistica e fluttuante, calcolata sulla base di una statistica messa a disposizione dal Dipartimento Turismo e dalle Prefetture per il flusso migratorio. Un complicato calcolo in luogo dell’unico parametro veritiero e che tiene conto di tutte le varianti e variabili ossia la produzione annuale di un dato comune. Nella produzione annuale è tutta condensata la vita che si svolge nel territorio comunale senza ombra di dubbio.
Pertanto il bando si poteva basare sull’erogazione per tonnellata prodotta e non tanto su popolazione residente e flussi vari che sono sempre labili.
Perciò se non si riesce a comprendere questo semplice passaggio non vi è da stupirsi se dal 1999 ad oggi, sono ormai passati vent’anni, non sono stati realizzati i pochi interventi per dare dignità al sistema pubblico di gestione dei rifiuti urbani.
Nonostante l’incremento delle percentuali di differenziata il sistema regionale presenta ancora tutta la sua fragilità. La parte pubblica non è riuscita a realizzare impianti di digestione anaerobica per la valorizzazione della frazione organica, non è riuscita a dotarsi di discariche per l’accoglimento delle frazioni residue.
Da questo dato di fatto bisogna partire.
Servirà ancora tempo per poter chiudere queste falle e bisogna interrogarsi cosa si può fare in questo lasso di tempo perché la produzione di rifiuti non si può arrestare come una perdita di una condotta idrica.
Causa di forza maggiore saranno individuate soluzioni tampone che consentiranno alle porte della stagione estiva, già traumatizzata dal coronavirus, di non cadere in situazioni di emergenza ambientale con i rifiuti urbani non raccolti.
Il nuovo corso politico alla Regione Calabria ha correttamente posto il problema, ossia che dopo tanto tempo il sistema non può versare in questo stato. Ma oltre a ciò servono soluzioni e la questione è quella di una vera e corretta programmazione soprattutto contingentata nei tempi:
-realizzare gli impianti di trattamento nelle aree corrette, ossia in aree industriali;
-individuare delle aree per impianti di discariche, che sono già localizzate da tempo;
-attivare un sano rapporto con l’impiantistica privata, che può velocizzare le soluzioni;
Inoltre gli ATO (Ambiti Territoriali Ottimali) che coincidono con le Provincie e la Città Metropolitana di Reggio Calabria sono stati scaraventati in questo sistema carente e soprattutto senza risorse.
Nel 2015 nella conclusione del mio articolo auguravo di non sprecare più tempo, perché non ne avevamo più; oggi non solo abbiamo sprecato il tempo che non avevamo 5 anni fa ma ci ritroviamo anche senza soldi.
Cosa possiamo fare oggi? Fare le cose che avremmo dovuto fare da sempre nel più breve tempo possibile:
-impianti di trattamento e recupero della frazione organica;
-smaltimento delle frazioni residue in impianti correttamente realizzati e localizzati;
-aumento della differenziata e coinvolgimento dell’impiantistica privata.
In regione c’è chi può governare questo processo, con competenza e rispetto dei tempi. Auguriamoci di non perdere l’ultimo treno perché di tempo che non abbiamo più.

SPAZZATURA “MAL COMUNE” O “MAL REGIONE”?
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Editoriali