Non passa giorno che non si registri una aggressione verso il personale sanitario.
Un po' ovunque.
Un po' più al Sud, per la verità.
Dopo ogni aggressione un coro unanime di condanna. Ovvio e condivisibile.
Al quale mi associo. Cerco tuttavia di andare oltre la frettolosa e frequente richiesta di un posto di Polizia per ogni Nosocomio.
Comprensibile, ma di pancia, anche questa reazione.
La risposta non sarebbe riparatoria di una problematica troppo frequente e pressante.
E provo ad analizzare, da cittadino e da operatore del settore socio-sanitario pur di territorio, le possibili cause.
Rimanendo appunto in ambito medico, i sintomi sono spesso indicatori di una causa a volte ben più profonda. E vanno indagati.
Quanto accade contro i nostri sanitari è quindi un sintomo che dobbiamo indagare con obiettività, e profondità.
Uno dei mali del nostro secolo, frettoloso e digitale, è la generalizzazione.
Piaga applicata su molteplici argomenti. Forse, su quasi tutti.
Tornando all’argomento, si legge (perché nel secolo digitale e social non si parla, si scrive) “Tutti i sanitari sono sgarbati. Tutti i pazienti sono impazienti. Tutti gli ospedali sono un caos” e via proseguendo.
Quindi se vogliamo provare ad approcciare con serenità la problematica, ovvero le aggressioni al personale sanitario, dobbiamo farlo partendo dal foglio bianco.
Senza generalizzare ma tenendo conto di ciò che accade a trecentosessanta gradi.
E sullo sfondo, tuttavia, cerchiamo di tenere a mente la realtà oggettiva, inoppugnabile, fatta da situazioni comuni e frequenti.
Per esempio, le diffuse carenze di organico presso la Sanità pubblica.
Non di rado in alcuni Ospedali o Servizi vi è un solo specialista che deve far fronte ad una serie infinita di visite che non riesce ad espletare nei tempi giusti, e opportuni. Se vero è che le urgenze arrivano prima, altrettanto vero è che vi possono essere urgenze camuffate da tranquillità.
Occorre rivolgere a tutti una attenta attenzione. Che belle balbuzie lessicali.
E qui la gente si esaspera. Intendo sui tempi di attenzione dovuti ai bisogni del paziente in attesa. Questa esasperazione prende tre vie.
Una, quella del ricorso alla Sanità privata, dove i tempi sono inferiori e i costi superiori.
Due, quella della rinuncia alla prestazione. E si può morire, per questa scelta.
Tuttavia, ve lo assicuro, accade.
Tre, quella dell’amico e del compare, binomio scenico per indicare una via clientelare che attraverso la conoscenza dell’operatore sanitario consente l’erogazione della prestazione in tempi accettabili.
Adesso però non saltate dalla sedie o cadete dal pero.
Sapete tutti che accade, sarà accaduto anche a noi.
Avremmo anche noi cercato la conoscenza diretta di un sanitario per ottenere una riduzione dei tempi di attesa.
Chi è senza peccato scagli la prima prenotazione.
E chi non ha un compare, a queste latitudini, ne trova facilmente uno.
Sono compari in comodato d’uso, buoni per ogni clientela.
Tuttavia, forse, se invece di un solo medico che esegue quella determinata prestazione ce ne fossero tre, i tempi di attesa sarebbero oltremodo ridotti.
Abbandono adesso il terreno, per me paludoso, delle cifre, per entrare in un campo un po’ più comodo.
La relazione umana.
Chiunque di noi si è trovato, in ambito sanitario, vittima o testimone di un gesto evitabile.
Una porta sbattuta in faccia ad un parente, magari petulante ma comunque preoccupato.
Un "lasciateci lavorare" come se il soffermarsi di fronte ad una angoscia non fosse un preciso dovere di un operatore sanitario.
Urla nel corridoio contro i parenti presenti nelle stanze dei congiunti, salvo poi richiamarli durante la notte per prestare assistenza agli stessi.
Non cadete dal pero bis, per favore.
Ciò che scrivo, ho visto.
Sovente i luoghi di cura diventano incubi. Le parole da confortanti diventano dure, distanti, fredde. Spesso sgarbate.
Sovente e spesso sono due custodi del supremo tentativo di non generalizzare.
Non in tutti i posti è così.
Ma in alcuni si.
Ecco, vanno assunti non solo nuovi operatori, ma anche atteggiamenti.
Ma il cittadino che deve fare, nulla, se tutti gli interventi toccano alle Istituzioni ?
E no, non è così.
C’è qualcosa che anche noi comuni cittadini possiamo e dobbiamo fare.
Partendo dai nostri atteggiamenti, perché il garbo chiama garbo, mentre l’aggressività chiama risposte aggressive.
E non partiamo dall’urlo di guerra del parente “adesso gliela faccio vedere io”.
È barbarie. Senza mezzi termini.
Non si va in Ospedale come se si andasse in guerra. Si va forti di un diritto, purtroppo all’interno della sofferenza, ma come portatori del dovere principale di ogni essere senziente.
Sia come sanitario, che come utente, che come pilota di aerei (giusto per dire).
La gentilezza. In dosi massicce per via endovenosa.