“Piccola città, bastardo posto, canta Guccini, così diversa sei adesso”.
Il rimpianto per la bellezza gentile di un piccolo centro nasce quando ci si accorge che il volto di una comunità è mutato. Lo sguardo incattivito, la postura da scontro frontale, il cuore pesante di sospetto e sulle labbra la rabbia litigiosa. Basta poco, semplicemente avere sulla stessa questione opinioni divergenti, ad esempio, far seguire le lezioni ai propri figli in Dad, oppure in presenza. Un ricorso al Tar e via un quarantotto. Il dialogo è un tratto del vivere civile ormai obsoleto. Il nemico è accanto a me, abita la porta accanto sullo stesso pianerottolo e mi sta antipatico, il figlio frequenta la stessa scuola di mio figlio. Il nemico sollecita la mia reazione. A volte, ne avremmo tutte le ragioni. È il panettiere che tiene la mascherina abbassata, l’anonimo sporcaccione che non paga le tasse e scarica le buste accanto ai miei mastelli, invitando i gatti a sparpagliarne il contenuto davanti al portone. Di fronte al nemico, non c’è clemenza. Se qualcosa non va secondo il mio punto di vista, non esiste prendermi il tempo di capire le ragioni dell’altro. In fondo sulla scuola, si trattava di qualche giorno, forse un’altra settimana, non mesi, giusto per osservare l’andamento della curva dei contagi. Meglio ricorrere al Tar, che ti dà una bella risposta nel giro di un paio di giorni, senza entrare nel merito. Per il bene sommo dei bambini. Ma davvero una settimana in più poteva nuocere così tanto ai nostri figli e nipoti? Cosa abbia spinto poche famiglie a firmare un ricorso lo sappiamo dagli avvocati: sono i danni della Dad e la non pericolosità della scuola sul contagio. Vorremo chiedere se gli sia sfuggito, o abbiano ignorato il rischio relativo al particolare momento che, per i medici, non sta risparmiando proprio i più piccoli dalle conseguenze negative del Covid? I bambini nelle scuole materne non portano la mascherina e quelli delle elementari frequentano mense e attività scolastiche pomeridiane. Sulla sicurezza delle classi pollaio e la mancata messa in sicurezza delle aule con un sistema di ricambio che non siano le finestre aperte a febbraio, perchè nessuno ha pensato di promuovere un’azione legale collettiva?
Corto circuito, agli attacchi ingiuriosi sui social e la deprecabile pubblicazione dei nomi degli autori del ricorso da parte di alcuni Si Dad, hanno risposto gli avvocati dei no Dad denunciando alla Polizia Postale il misfatto. Della cosa tra qualche giorno non ricorderemo più nulla. Resta l’amarezza per l’accaduto, che allarga il buco nero dentro la piccola città, bastardo posto, dove, come nel resto del paese, si imbraccia il bazooka della litigiosità, quella squallidamente mediatica e quella legittimamente patrocinata dagli avvocati. Forse si trattava solo di pazientare per prudenza. Ricordiamoci che i bambini stanno a guardare… Chissà cosa hanno appreso? Speriamo siano stati risparmiati dall’urgenza di vincere. Ed anche dal virus.
Siamo diventati fragili, ci incriniamo per un nonnulla, non sosteniamo lo stress. La pandemia ha generato una mostruosa paura. La paura ha due risposte: la rabbia e la depressione. Uscire fuori di sé oppure restarci imprigionati. Chi è impaurito resta barricato in casa, usa mille precauzioni anche se ha fatto tre dosi di vaccino e usa la doppia mascherina. Vive un tempo sospeso in attesa di una fine che ancora non c’è. L’altro, invece, è sempre pronto all’attacco, aggressivo e violento. Gioisce persino della morte altrui o la augura. Il massimo della barbarie mediatica. Ma per fortuna non è il caso della querelle tra genitori reggini.
C’è stato un tempo in cui si affrontavano le questioni, si esprimevano pareri, si prendevano decisioni, pur sapendo che ci sarebbe stato qualcuno che restava scontento. Ma nella logica delle cose, se ne parlava, si discuteva, magari c’era una convergenza, fatta di parole come: prego, scusa, ora mi spiego, dimmi perché pensi questo, forse quello che sto per dire non coincide con il tuo modo di pensare, ma credo possiamo affrontare la questione… Esisteva la nobile arte della persuasione, che poggia sull’onestà e consiste nell’intento di condurre l’altro verso di sé. Diversamente dalla manipolazione, che subdolamente forza l’altro. Emblematica la manipolazione dei media del signor B., che è andata di pari passo alla degenerazione della politica, dove la comunicazione è spinta a portare discredito sull’avversario, a cavalcare qualsiasi cosa purché dia consenso, mentre loschi figuri creano macchine di fango, che a volte sfuggono al controllo e il merdaio finisce per travolgerli. Chi di letame ferisce, di letame perisce.
Esisteva, infine, un’altra possibilità dimenticata e preziosa come l’oro: il silenzio, quello che si sceglie non per codardia, ma per prudenza, perché non è il momento. La pausa che, ci hanno insegnato quando eravamo piccoli, bisogna sempre contare fino a dieci, magari 20, … e dopo, solo dopo cercare dentro parole meno incendiarie. C’è qualcuno che può ancora insegnarla?