Per la collana “Antropologia e violenza”, diretta da Luigi M. Lombardi Satriani, la Città del Sole Edizioni ha pubblicato nell’ottobre 2012 la ricerca di Mario Bolognari con prefazione di Franco Battiato, “I ragazzi di Von Gloeden”.
Mario Bolognari, professore di Antropologia culturale presso l’Università di Messina, sindaco di Taormina, racconta nei ringraziamenti come sia nata in lui l’idea di questo libro.
Erano a Valladolid, aspettando il bus per Madrid, con Satriani e, nel conversare, Satriani lo invitò a fare questo viaggio, quasi di ritorno, nella terra dell’adolescenza, e studiare il turismo culturale degli inizi del secolo a Taormina, un turismo che, come dice Battiato nella prefazione, ebbe come “Strategiche le arcadiche fotografie del barone Wilhelm Von Gloeden, che arrivò a Taormina nel 1878 all’età di 22 anni.”
Von Gloeden attirò, con le sue fotografie letterati, artisti e uomini d’affari, anche se Taormina era conosciuta già moltissimo per l’incanto dei suoi paesaggi e la meraviglia della sua posizione geografica.
Il Barone Von Gloeden agisce come un catalizzatore e trasforma quell’eden in una nuova Arcadia, popolata da fanciulli desnudi e capitelli ionici, fanciulli dalla pelle di seta aggrappati a foglie d’acanto.
Taormina sullo sfondo, in moltissimi studiosi, come Roger Peyrefitte che scriverà “Eccentrici amori”, su Von Gloeden.
La Magna Grecia, l’antica Grecia ritrovata, o almeno fatta rivivere nelle lastre che imprigionavano un mondo onirico, fatto di fame, la fame insaziabile del predatore maschio ricco, e la fame atavica del modello che veniva usato. Intanto da Taormina, agli inizi del secolo, nel 1902, scappano tutti, vanno via emigrati in America. Mentre il barone mostra gli efebi, Taormina si svuotava, scrive Paton.
Leggere il libro ci arricchirà di testimonianze e di analisi storiche.
Leggendolo io ho comparato questa vicenda ad un’altra, a quella del fotografo Hamilton, più recente, conclusasi tragicamente. Il fotografo aveva per soggetti fanciulle quasi bimbe.
David Hamilton, regista anche del film “Bilitis”, è stato raggiunto dalla denuncia di Flavie Flament, che da adulta raccontò di essere stata stuprata dal fotografo. Leggendo di Von Gloeden mi è tornato in testa Hamilton che, dopo aver detto che avrebbe denunciato per diffamazione la modella, si è ucciso nel 2013.
Sconvolgente in effetti la somiglianza con i fatti raccontati da Mario Bolognari nel libro su Von Gloeden. Cambia l’epilogo, diversa la situazione storica e sociologica, ma anche nella vicenda di Hamilton molte ragazzine venivano usate con la compiacenza dei genitori. Ragazzine che troveranno solo dopo molti anni, dopo il libro della Flament, il coraggio di denunciare. Nella storia del barone tedesco invece molti soggetti morirono nel corso della Prima guerra mondiale e altri capirono che non avrebbero potuto ribellarsi e scelsero il silenzio. L’uso di corpi infantili o adolescenziali, quasi impuberi, in entrambi i casi, era abbellito dall’arte, dai fregi, dai capitelli, la pelle veniva preparata con unguenti tali che luccicasse e perdesse ogni imperfezione, le pose studiate affinché le fanciulle in fiore o ragazzi innocenti apparissero quasi estatici o in estatica attesa di una carezza. I soggetti però erano privati da una volontà individuale, restavano oggetti di grande bellezza e valenza anche artistica ma con quella postura di statua neoellenica in Von Gloeden o di quadro preraffaellita nel caso di Hamilton. Tempi diversi. Il barone vendette la villa a Taormina in cambio di un vitalizio e le biografie dei ragazzi di Gloeden nessuno mai le ha scritte. Anche l’assistente tuttofare, detto “U Moru”, ha raccontato pochissimo, ed il silenzio e la riservatezza hanno avuto la meglio, ritagliandosi lui il compito di vendere o custodire le fotografie del barone.
Leggiamo il saggio e con occhi diversi sapremo distinguere sesso e arte, sublimazione e sopraffazione, fame e ricchezza, e insieme come cambiano nel tempo e nella storia, pur restando uguali, le dinamiche dei rapporti fra potenza e impotenza nella ricerca della soddisfazione.