IL BASTONE DI EDIPO
Maurizio Ferraris & Guido Saracco: Tecnologia e umanesimo per una scienza nuova
A. I SONNAMBULI
Maurizio Ferraris (un filosofo) e Guido Saracco (un tecnologo) dialogano - nello stesso momento - intorno a temi di pressante attualità in questo Tecnosofia. Tecnologia e umanesimo per una scienza nuova (Laterza, Roma-Bari, 2023). Che cosa ne «emerge» (usiamo un termine che è molto caro a Ferraris) alla fine? Partiamo, un po’ a casaccio, da questa citazione contenuta a pagina 33 di questo «mirabile» volume. «Non dimentichiamo la risposta di Edipo, all’enigma della sfinge: l’animale umano ha, come carattere definitorio, l’uso della protesi tecnica, perché diversamente dalle grandi scimmie, ha compiuto una scelta definitoria per la stazione eretta, e non può tornare a camminare a quattro zampe». Perché questo libro è «mirabile»? Perché dal «bastone di Edipo» - attraverso numerose definizioni, (dis)torsioni, deduzioni e amplificazioni - i due autori ci conducono all’interno di uno «scenario» che siamo noi, quello che stiamo vivendo in questo momento; uso un latro termine caro a Maurizio Ferraris: la nostra «realtà». La tecnologia, dunque, ci porta direttamente all’«umanità dell’umano» (all’«umano» tout court oltre che alle materie «umanistiche» e all’«umanesimo» in quanto tale). Questa «tecnologia» - presente fin dai primordi della civiltà: oggi sembra essere la «cifra» che caratterizza il «cuore» non solo di questo nostro XXI secolo ma anche della famosa «seconda modernità» che tanti hanno visto all’interno delle caratteristiche dei nostri giorni. Dunque, da questo punto di vista, la tesi del libro sembra essere già dimostrata: «Quella che si fa avanti è una scienza nuova che ha superato la distinzione tra scienza della natura, scienze umane e tecnologiche» ovvero: «Tra scienza, tecnica e umanesimo non vi è contrapposizione, bensì una connessione essenziale». Per cui il libro in questione dovrebbe essere «finito» già a pagina 33. Se non che: noi siamo «sonnambuli» …
B. PER LA MISERIA
«Per la miseria», ci sono i «bisogni» dell’uomo. Ma intanto lasciamo stare «per la» e parliamo direttamente della «miseria»! Oggi si «registra»: «La crescita della miseria in Africa e nell’Africa subsahariana in particolare, con 100 milioni di poveri assoluti in più negli ultimi 25 anni» inoltre: «E’ di pochi mesi fa la notizia che negli Stati Uniti lo 0,1 % della popolazione possiede una ricchezza pari al 90% meno abbiente». Ecco le «caratteristiche» rilevate dai due autori rispetto alla «società attuale»: crescita delle diseguaglianze (sia all’interno dei singoli paesi sia tra Stato e Stato ovvero, nella versione globalista di questo «fatto»: tra Paesi Sviluppati, Paesi in Transizione verso lo Sviluppo e Paesi in via di Sviluppo), crescente impoverimento della piccola e media borghesia, crescente presenza del terrorismo e delle guerre civili, dei micro-conflitti oltre che delle guerre vere e proprie, importanti fenomeni di migrazione, il degrado ambientale e il riscaldamento globale, crisi dei sistemi sanitari e pensionistici. Questi «sonnambuli» che siamo noi, che fanno? Impugnano il «bastone di Edipo»: «Esercitiamo le nostre normali forme di vita che però registrate sul Web, producono dati, cioè valore. La mobilitazione è la condizione in cui si trova l’umanità dei paesi sviluppati». Il che è quanto dire: il bidello Gino «pubblica» su «Facebook» una foto della torta che ha appena fatto e, immediatamente: per «qualcuno» (il «gestore della piattaforma») questo «atto» - registrato, profilato e reso «documento», cioè «dato» - diventa una «fonte di guadagno». La «Torta di Gino», per Maurizio Ferraris e Guido Saracco: è una vera e propria «manna dal cielo». Se è vero che la vecchia «rivoluzione» veniva compiuta contro il «capitalismo» (nel quale gli esseri umani «capitalizzavano» beni, cioè «merci») adesso: la nuova «rivoluzione digitale» ha da essere combattuta sul fronte della «tecnologia»: la nuova «capitalizzazione», infatti: è quella che riguarda i «dati». E noi siamo dei «sonnambuli» perché «E’ necessario che gli umani prendano coscienza del fatto di essere potenziali produttori di valori» (a parte che è anche «necessario» che «Le istituzioni siano consapevoli del fatto di essere a tutti gli effetti delle piattaforme»): il «bidello Gino», da «sonnambulo» che era (produceva «valore» senza «saperlo») adesso, invece, prende «coscienza», chiede conto, e si scaglia in nome «della invenzione di capitalizzazioni alternative» contro il «sistema», a questo punto: «economico e tecnologico insieme». Ferraris e Saracco per giustificare questo loro «intento» sobillatorio e dinamitardo introducono due successivi «scarti». Il primo «scarto» si ha quando l’«automa» entra nel circuito economico come «produttore di beni»; è chiaro che, in questa «congiuntura», l’uomo (come il «bufalo» nella canzone di De Gregori Bufalo Bill) «scarta di lato»: da produttore di «beni», esso diventa produttore di «valori». Cioè: dalla «realtà» si passa all’«interpretazione» (all’«etica», in questo caso). Ma non è finita: c’è anche un secondo «scarto». Lo stesso Francesco De Gregori nella canzone Giusto o sbagliato contenuta nell’album Pastiche scritto con Checco Zalone, a un certo punto dice: «L’amore vero è un surrogato». E infatti: Maurizio Ferraris e Guido Saracco si rendono conto che «Questo principio (…) diviene particolarmente importante nel momento in cui la tecnologia si sostituisce sempre i più all’umano nell’ambito della produzione dei beni». Tale «sostituzione» (o «surroga», non solo dell’«amore vero» ma di tutti i «significati» esistenti) fa si che dal primo «scarto» si passi al «secondo»: «La novità, qui, è che il bisogno assurge a fattore di capitalizzazione, e assume un valore culminante proprio perché è il fondamento di tutto il processo». Per cui - in soldoni: il «bidello Gino» (sarà lui «l’amante latino?») non produce più beni (c’è la «macchina» che lo fa per lui); produce «dati» («torte della nonna» oppure della sua «donna» …) e questi «dati» entrano a far parte di un «circuito» intorno al quale è possibile «immaginare processi di capitalizzazione alternativa», fare la «rivoluzione» e la mattina «andare a pescare» mentre il pomeriggio passarlo a fare un po’ di «critica».
C. I BISOGNI
Sopra si è detto dei «bisogni» e ancora più sopra del «quadro» della società attuale. Occorre «inventarsi» un «Webfare» che, al pari del vecchio «solido» Welfare venga incontro ai «desideri», ai «bisogni», alle «richieste di senso» di questa «società liquida» che abbiamo davanti. Per sanarne le contraddizioni; per tendere a quel «progresso» rispetto al quale né Maurizio Ferraris né Guido Saracco deflettono di un millimetro. Questo «Webfare» dovrà trasformare la «mobilitazione totale» di tutti noi (che siamo «rimedio e veleno» della tecnologia) davanti al Web in «profitti» che, sempre al pari del «Welfare»: debbono poi, alla fine, essere «redistribuiti». La conclusione del libro è proprio questa! Lo abbiamo detto: ci vuole «una prospettiva più ampia» all’interno della quale le discipline umanistiche «interagiscano» con quelle «scientifiche». «Da ciascuno secondo i suoi bisogni», i suoi sogni, le sue visioni del mondo, le sue «torte», le sue «foto delle vacanze» …