Stefano Zurlo e la Baldini+Castoldi, nel vano e velleitario tentativo di bruciare sul tempo l’uscita del libro di Sallusti e Palamara con Rizzoli, hanno confezionato un librettino inutile e sovradimensionato nell’allestimento, per giustificare lo scandaloso prezzo di 18euro.
Sto parlando de “Il libro nero della magistratura”, un copincolla noioso e bacchettone di vicissitudini giudiziarie di magistrati e del loro esito processuale.
Attenzione, le vicende narrate sono tutte realmente accadute (guarda un po’, l’incipit della prefazione di Zurlo recita: “Altro che Palamara…”) tanto è vero che l’autore rivela che il materiale gli è stato fornito “con la benedizione del vicepresidente del CSM David Ermini”; materiale succoso, quindi, per qualunque cronista che si rispetti.
Il punto è che il prode Zurlo di fronte al potere giudiziario ha un cedimento, teme colpi di coda dei magistrati coinvolti, sa, probabilmente, che l’adagio “cane non morde cane” impera soprattutto nelle aule dei tribunali e fa un clamoroso passo indietro. Pubblica il libro, descrive dettagliatamente le vicende ma cambia nomi e cognomi, cambia i luoghi e “i riferimenti che potrebbero rendere riconoscibile l’autore di turno del misfatto”.
Il risultato sono 223 pagine inutili e noiose, un elenco di brogliacci per sceneggiature di commedie all’italiana di serie B. Praticamente la negazione del giornalismo d’inchiesta e una semplice paraculata editoriale.
Stefano Zurlo, Il libro nero della magistratura, Baldini+Castoldi, 2020, pagg. 224, € 18,00