Da come si sono messe le cose, potete giurarci che presto le anime belle dell’atlantismo non mancheranno di inserire anche il New York Times e il Wall Street Journal tra i fiancheggiatori di Putin, alla stregua di un Orsini o di un Santoro di casa nostra. Questi due giornali americani, considerati unanimemente tra i migliori al mondo, hanno cominciato da qualche tempo a interrogarsi su quelle che potrebbero essere le conseguenze geopolitiche ed economiche del conflitto in Ucraina per l’Europa.
Ferma restando l’esecrazione dell’aggressione putiniana, cominciano ad affiorare delle considerazioni oggettive e scevre da quella sudditanza al Pentagono di cui sono affetti la quasi totalità dei media europei.
La prima considerazione è che, viste le prese di posizione, le sanzioni e l’invio di armamenti, siamo ormai al cospetto di una drammatica divisione tra l’Occidente e il resto del mondo e alla vigilia di una allarmante recessione globale. Tra l’altro questa situazione non agevola certo la risoluzione della miriade di conflitti “locali” presenti in ogni angolo della Terra. Ma leggiamo testualmente il Wall Street Journal: «I successi militari dell’Ucraina contro la Russia hanno trasformato i calcoli di Washington e di altre capitali occidentali. Una guerra iniziata con aiuti occidentali per limitare i danni è diventata un’opportunità strategica per contenere le ambizioni espansionistiche della Russia. Gli Stati Uniti e gli alleati stanno spedendo grandi quantità di armi pesanti all’Ucraina, compresi i sistemi occidentali più avanzati, per integrare armamenti leggeri e armamenti dell’era sovietica inviati in Ucraina da prima dell’inizio dell’invasione. Queste spedizioni hanno lo scopo di sostenere Kiev nella fase decisiva della guerra nelle prossime settimane, ma anche di armare il Paese in un conflitto che potrebbe durare mesi o anni».
«L’esito della guerra - prosegue il Wsj - è ancora incerto, ma i timori iniziali di un crollo militare ucraino, che consentirebbe alla Russia il controllo dell’intero Paese, sono diminuiti. Dopo aver inizialmente pianificato di sostenere la resistenza, i governi occidentali vedono una prospettiva di successo di Kiev che spingerebbe la Russia più lontano dal territorio ucraino e dissuaderebbe Mosca da future invasioni di terra, un risultato che sarebbe una vittoria strategica per l’Occidente». Il Wsj non manca di ricordare le innumerevoli e infelici sortite di Biden e del segretario alla Difesa Austin che hanno ottenuto come unico risultato un inasprimento della tensione tra America e Russia. Il giornale ricorda, inoltre, che i massicci finanziamenti all’Ucraina comporteranno una dipendenza della stessa dagli USA che coinvolgerà almeno tre generazioni a venire.
Il New York Times, dal canto suo, va giù pesante sin dal titolo: «La pericolosa strategia di confronto degli Stati Uniti con la Russia» e scrive: «A parole e nei fatti, Washington lavora sempre più apertamente per colpire l’esercito russo e indebolire il Cremlino». «La battaglia per il controllo dell’Ucraina si sta trasformando in un confronto diretto tra Washington e Mosca. Eppure, Biden ha iniziato la guerra affermando di non volerla trasformare in uno scontro tra Russia e Stati Uniti. Ha insistito nel mantenere l’esercito americano fuori dal campo di battaglia, e ha resistito alle richieste di una no-fly zone sull’Ucraina che minacciava di spingere americani e russi in un confronto diretto. Da allora, man mano che le atrocità e i crimini di guerra commessi dalla Russia e la necessità per l’Ucraina di acquisire armi pesanti sono diventati sempre più innegabili, le linee si sono offuscate e la retorica si è fatta più aspra. Ma a più lungo termine, l’esibizione di un tale obiettivo strategico da parte dell’America rischia di rafforzare Vladimir Putin nella sua convinzione che, con questa guerra, l’ambizione dell’Occidente è in realtà di strangolare il potere e destabilizzare lo Stato russo».
Molto opportunamente, poi, il Nyt non manca di sottolineare il rischio che «Putin consideri le sue forze militari convenzionali limitate, si risolva a intensificare gli attacchi informatici contro le infrastrutture occidentali e a usare armi chimiche o il suo arsenale nucleare tattico, una possibilità che era inconcepibile otto settimane fa ma che ora viene regolarmente menzionata». «Vari scenari sono previsti dalle autorità americane, in particolare la possibilità che Putin, esasperato dalla mancanza di progressi sul terreno, finisca per inviare una bomba “dimostrativa” nel Mar Nero o in una zona disabitata, alla maniera di un colpo di avvertimento contro l’Occidente».
«I settori della difesa e dell’alta tecnologia russi - rivela poi il New York Times -sono stati tagliati fuori da alcune linee di rifornimento cruciali, come ha detto il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan un mese fa. Rimane difficile valutare l’impatto concreto sulla produzione di armi, come ad esempio se i russi possono trovare fornitori alternativi. All’interno dell’amministrazione Biden, confidano che la politica delle sanzioni è stata progettata per essere gradualmente inasprita. A poco a poco, mancheranno i capitali per investire in nuove attrezzature, le consegne di chip diventeranno più scarse, le entrate di gas e petrolio diminuiranno, e la pressione diventerà sempre più evidente. Anche i beni di consumo saranno probabilmente colpiti a lungo termine, e i consumatori russi avranno difficoltà a permettersi gli iPhone e gli smartphone Android da cui sono dipendenti come gli occidentali». La conclusione del Nyt emana però scetticismo verso questo scenario e chiosa: «Resta da vedere se la nuova strategia può funzionare. Ogni presidente dopo Harry Truman (quello che sganciato le atomiche su Hiroshima e Nagasaki per intenderci, n.d.d.) ha cercato di soffocare la Corea del Nord con sanzioni drastiche, eppure l’arsenale nucleare della Corea del Nord non è mai stato così esteso come oggi».