Gabon: dopo i risultati fraudolenti delle elezioni, l’esercito proclama l'annullamento dello scrutinio e la fine del “regime di Bongo”. Qual’è il retroterra politico e sociale nel Paese da cui prende corpo questo ennesimo rovesciamento in Africa?
I militari hanno annunciato mercoledì che "metteranno fine al regime in vigore" in Gabon, dopo che i risultati ufficiali delle elezioni presidenziali di sabato avevano appena confermato la vittoria, considerata fraudolenta, del presidente Ali Bongo al potere da 14 anni.
Subito dopo l'annuncio ufficiale della vittoria di Bongo con il 64,27% dei voti, nella notte tra martedì e mercoledì, un gruppo di ufficiali è apparso sugli schermi del canale televisivo Gabon 24. Di seguito il testo integrale del primo comunicato dopo il golpe:
“Il nostro bellissimo Paese, il Gabon, è sempre stato un’oasi di pace.
Oggi il Paese attraversa una grave crisi istituzionale, politica, economica e sociale. Siamo quindi costretti a constatare che l’organizzazione delle elezioni generali del 26 agosto 2023 non ha soddisfatto le condizioni per uno scrutinio trasparente, credibile e inclusivo tanto auspicato dal popolo del Gabon.
A ciò si aggiunge una governance irresponsabile e imprevedibile, che si traduce in un continuo deterioramento della coesione sociale, con il rischio di portare il Paese nel caos.
Oggi, 30 agosto 2023, noi, rappresentanti di tutte le Forze di difesa e sicurezza, riunite nel Comitato per la transizione e il ripristino delle istituzioni (CTRI) a nome del popolo del Gabon e come garanti della tutela delle istituzioni, abbiamo deciso di difendere la pace con il porre fine al regime attuale.
A tal fine vengono annullate le elezioni generali del 26 agosto 2023 e i relativi risultati annullati. Le frontiere sono chiuse fino a nuovo avviso.
Tutte le istituzioni della Repubblica vengono sciolte: il governo, il Senato, l'Assemblea nazionale, la Corte costituzionale, il Consiglio economico, sociale e ambientale e il Centro elettorale gabonese.
Chiediamo calma e serenità al popolo, alle comunità dei paesi fratelli stabiliti in Gabon e alla diaspora gabonese.
Riaffermiamo il nostro impegno a rispettare gli impegni del Gabon nei confronti della comunità nazionale e internazionale. Popolo del Gabon, siamo finalmente sulla strada della felicità.
Possa Dio e gli spiriti dei nostri antenati benedire il Gabon. Onore e lealtà alla nostra patria. Grazie. Il CTRI”.
Tra gli ufficiali in TV c'erano membri della Guardia Repubblicana (GR), un'unità d'élite e guardia pretoriana della presidenza, riconoscibile dai suoi berretti verdi, soldati dell'esercito regolare e agenti di polizia. Dei quattro ufficiali superiori di primo grado, due erano colonnelli della GR e due colonnelli dell'esercito regolare.
https://twitter.com/i/status/1696764536735313931
La dinastia Bongo, sostenuta e legata alla Francia, ha avuto in ostaggio il Gabon per 56 anni.
Queste elezioni sono arrivate in un clima di scontri e repressioni delle opposizioni, continuo e violento, con morti e feriti. Dal 26 agosto 2023, data delle elezioni presidenziali, Ali Bongo aveva deciso di isolare il Paese, aspettandosi reazioni violente di piazza per la sua rielezione. È stato bloccato internet in tutto il Paese, vietati i media stranieri e schierato l’esercito nelle strade. Un civile dittatore in giacca e cravatta, fedele servitore ed esecutore degli interessi stranieri, come piacciono a Macron e agli USA.
Mentre sui media occidentali il regime di Ali Bongo si vantava della democrazia in Gabon, assicurando che la libertà di espressione sarebbe stata garantita e che Internet non sarebbe stato negato, come accadde durante le elezioni presidenziali del 2009 e del 2016. Una promessa disattesa dal governo di Bongo che il 26 agosto 2023, impose il blocco di Internet e la sospensione dei Media in tutto il Paese "fino a nuovo ordine", come dichiarò il ministro delle Comunicazioni, per "evitare il diffondersi di appelli alla violenza" e perché: "la stabilità, la pace e l'unità del nostro Paese sono priorità assolute e dobbiamo fare di tutto per proteggerli". Per questo motivo è stato introdotto il coprifuoco dalle 19:00 alle 6:00 e la chiusura delle frontiere terrestri e marittime fino a nuovo ordine.
Le elezioni si sono svolte senza osservatori stranieri, l'ultima missione di osservazione dell'Unione europea era andata molto male, per cui le autorità gabonesi ha deciso di sospendere tre media francesi: Radio France International (RFI), France 24 e TV5 Monde. Il regime gabonese, attraverso la voce dell'Alta Autorità per le Comunicazioni (HAC), li criticava per “una mancanza di obiettività ed equilibrio nel trattamento delle informazioni in relazione alle elezioni generali in corso”.
Passando dalle parole ai fatti, l'esecutivo gabonese ha dispiegato l'esercito in tutto il Paese. Giorno e notte ben visibile, effettuando perquisizioni e controlli dei veicoli in diversi luoghi della capitale Libreville. Misure canaglia, degne di uno stato di polizia o di una dittatura militare, lungi dal calmare la situazione, queste misure hanno messo sotto pressione la popolazione e le opposizioni, facendo salire la tensione ancora di più, sino ad arrivare al rovesciamento militare, gravido di prospettive ancora non semplici da delineare ma certamente sorretto da un vasto consenso popolare, come si può vedere dalle immagini qui sotto che sconquassa nuovamente, dopo il Niger, gli equilibri e l’egemonia degli interessi occidentali in Africa.
Il mancato accreditamento di osservatori indipendenti e giornalisti stranieri, faceva ben immaginare che si trattava di un voto a senso unico, conquistabile a maggioranza relativa, senza garanzie di trasparenza e senza credibilità, organizzato solo formalmente per consentire al candidato Bongo di battere i suoi sfidanti, alcuni dei quali, scelti solo per favorire la dispersione dei voti e garantire le condizioni per il prolungamento della permanenza al palazzo presidenziale del presidente uscente.
L’opposizione, seppur tardivamente, aveva attenuato le sue divisioni interne designando, il 18 agosto, Albert Ondo Ossa come unico candidato.
Albert Ondo Ossa è nato nel 1954 da una famiglia con radici cristiane. Dopo aver conseguito il diploma di maturità, si iscrive all'Università Nazionale del Gabon conseguendo un dottorato in economia presso l'Università Nancy 2 in Francia. Dal 1987 ha rivestito tutti i più importati incarichi universitari presso l'Università Omar Bongo Ondimba fino a diventare preside del dipartimento di economia e poi preside della facoltà di diritto ed economia. Nel 1996 ha ottenuto il ruolo di professore ordinario. Questa carriera accademica è stata caratterizzata anche da un forte attivismo politico e sindacale. È stato membro fondatore della SNEC (Unione Nazionale Insegnanti e Ricercatori), il primo sindacato libero che ha dato un contributo decisivo per il mondo del lavoro in Gabon. Ossa è stato nel governo del primo ministro J. E. Ndong, prima come Ministro dell'Istruzione Nazionale e dell'Istruzione Superiore (2006) poi Ministro dell'Istruzione Superiore e della Ricerca (2007), Ministro della Ricerca Scientifica e dello Sviluppo Tecnologico (2008). Si dimise perché convinto non ci fossero i presupposti per un reale cambiamento data la stagnazione politica esistente. Ossa è, inoltre, uno dei membri attivi ed uno dei fondatori della Piattaforma di opposizione "Alternanza 2023".
La piattaforma di opposizione Alternance 2023, che riunisce i principali partiti d'opposizione del Gabon, aveva annunciato venerdì 18 agosto, la nomina di Albert Ondo Ossa come candidato "consensuale " contro il presidente uscente Ali Bongo Ondimba nelle elezioni presidenziali del 26 agosto. Rivolgendosi al paese, Ossa così si era espresso: “…Donne e uomini gabonesi, volevate che ci fosse un candidato consensuale. Ora c’è, è stata una vostra scelta, voluta da voi… Sta a voi mobilitarvi, nelle campagne, nei villaggi, nelle città, affinché questo vostro candidato diventi effettivamente il prossimo Presidente della Repubblica. Lotteremo con i mezzi che ci offre la Costituzione…Dato che abbiamo di fronte un potere iniquo, che manomette tutto, che mette tutto a suo favore, abbiamo chiesto ai candidati di andare ad elezioni legislative, così non ci sarà altra scelta che sciogliere l’Assemblea per poter tornare ad elezioni credibili….”.
Quindi c’era già la consapevolezza sul possibile esito delle elezioni presidenziali. Infatti, tutti i principali attori, incaricati dell'organizzazione dello scrutinio, della compilazione e della proclamazione dei risultati finali, erano suoi fedeli sostenitori: il presidente del Centro elettorale gabonese era, non a caso, un membro del partito al governo, la presidente della Corte Costituzionale e giudice delle elezioni, altri non era, che la suocera del presidente uscente; mentre, il Ministero dell'Interno, è manovrato da uno dei figli di Bongo. Come poteva, in queste condizioni, l’opposizione far vincere il proprio candidato, seppure questo poteva contare a grande maggioranza sui voti delle città di Libreville e Port-Gentil che concentrano, da sole, più della metà degli elettori generalmente ostili al partito di Governo?
In questo scenario, l'autorità elettorale nazionale sotto controllo governativo, aveva da subito dichiarato che Bongo era stato rieletto per il suo terzo mandato con il 64,27% dei voti mentre, il suo principale rivale Ossa, aveva ottenuto solo il 30,77%.
Dichiarati i risultati, Ondo Ossa, decide di denunciare "una frode orchestrata dal partito Bongo", rivendicando la vittoria alla chiusura delle urne. Il responsabile della campagna elettorale di Ossa, Mike Jocktane, invita pubblicamente Bongo a cedere il potere pacificamente "senza spargimento di sangue", ribadendo che un conteggio parziale indicava chiaramente la sua sconfitta.
Per il dittatore di Libreville e i suoi “padrini” francesi, non restò altro che chiudere il Paese e impedire manifestazioni popolari. Una mossa, che l’opposizione aveva già preventivato prendendo per tempo accordi con forze sane e patriottiche presenti nell’esercito. Infatti, poche ore dopo questi accadimenti, essendo fallita l’opzione civile di transizione, i militari hanno preso in mano la situazione rovesciando il Governo. Ora si tratta di capire nei prossimi giorni come si evolverà la situazione all’interno del Paese e anche a livello internazionale.
Intanto il CTRI ha invitato le forze francesi presenti nel Paese a restare fuori dagli affari interni del Gabon; una richiesta fatta non a caso, dato che il Gabon ospita sin dalla sua indipendenza una base militare francese con circa 350 uomini: la “Elementi Francesi Gabon” (EFG). L’esercito francese ha finora svolto un ruolo di supporto logistico per gli interventi militari nella regione e per l'addestramento dei vari eserciti regionali.
Intanto l’ambasciata russa nella capitale ha definito la situazione calme e pacifica.