Venerdì, 13 Settembre 2024

                                                                                                                                                                             

 

                                                                                                                                                                                                          

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LA COLLINA DEI CILIEGI

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«E respirando brezze che dilagano su terre senza limiti e confini/Ci allontaniamo e poi ci ritroviamo più vicini» cantava Lucio Battisti nel 1973 in una canzone che, giustamente o meno, è stata «incriminata» come una specie di incitazione al fascismo a causa del verso: «Planando sopra boschi di braccia tese». In realtà questi «limiti» e «confini», oggi, li avvertiamo non come qualcosa che ci allontana/avvicina ma semplicemente come qualcosa di «politicamente problematico». Prendiamo l’Unione Europea, i suoi «confini», tra Nazioni che entrano e che escono, sono cangianti e mutevoli. Prendiamo la stessa globalizzazione: che non ha «confini», essendo essa stessa, appunto, «globale», «totale». Ma «respirando brezze» quello che si può dire è che i «limiti», i «confini», gli «orli», i «bordi», le «frange», in quanto zone di «intersezione» e di «delimitazione», sono stati anche segnati da «muri»: a Gerusalemme ce ne è uno; fra il Messico e l’America, il candidato presidenziale repubblicano Donald Trump ne vorrebbe «piazzare» uno. Tra Arabia Saudita e Yemen ve ne è uno costruito nel 2013. Altri ce ne sono tra: Ceuta e Melilla (in Marocco), a Cipro (fra la zona greca e la zona turca), tra la Bulgaria e la Turchia, tra Iran e Pakistan, tra Israele e Egitto, tra Corea del Nord e Corea del Sud, tra Marocco e Sahara Occidentale, a Belfast (tra la zona cattolica e la zona protestante), tra Zimbabwe e Botswana, tra India e Pakistan e India a Bangla Desh, tra Pakistan e Afghanistan e tra Kuwait e Iraq. «Muri», «barricate», «confini» e «limiti» tra qualcosa che sta da una parte e qualcos’altro che sta dall’altra: divisioni, separazioni, scissioni, scissure. Il regista iraniano– tanto per tornare al tema dei «ciliegi» - Abbas Kiarostami ha giurato nel q997 lo splendido «Il sapore della ciliegia». In esso un uomo pagava un altro uomo per farsi portare in un luogo nel quale l’ultimo «muro» sarebbe stato abbattuto attraverso una «sepoltura», tra l’altro «muro» essa stessa … «E se i tuoi occhi fossero ciliegie«  (come eantava Francesco De Gregori in «Niente da capire» nel 1974)?. Se ne avrebbe che avresti un «muro» al posto della «vista». Ecco che questa nuova «visione», oggi, di «limiti» e «confini», al tempo stesso difficili da definire ma così tanto pregnanti dal punto di vista geopolitico, ci conduce a una riflessione tra «ciliegie» e «democrazia». Chi ha bisogno di rafforzare i propri «confini»? Chi li vorrebbe più «elastici»? Immanuel Kant diceva che «Per la pace perpetua» occorre una società «cosmpolita». I conflitti russo-ucraino e israelo-palestinese, oggi, non sono rose segno di una «rottura di confini» e di una «attestazione delle continuità dei confini»? Certo la sovranità si esercita sempre su un dato territorio. Ma questo neoliberismo economico ha adesso bisogno di un’economia finanziarizzata con uno Stato «ultraminimo» che lasci passare a piacimento i flussi di capitali e in sostanza «si faccia i fatti suoi». Internet, del resto, è una comunità «transnazionale» … Dunque questo odierno insistere su «limiti», «confini», «ciliegie» e «muri» giunge non solo a ricordarci che la Lega Nord ne vorrebbe di più (per gli immigrati, ad esempio) e che il generale Roberto Vannacci li preferirebbe per i  non «eterosessuali» ma che in campo c’è il rapporto, mai esaurito e mai esauribile, tra la terra e il cielo, tra la materia e l’astrazione, tra il territorio e la sovranità, tra l’interno e l’esterno, tra il personale e il politico (per citare le compagne femministe). Molta parte del voto alle elezioni politiche è dettato da chi vorrebbe «ciliegie» negli occhi e «confini» più sicuri; molta altra parte, magari, non accetterebbe «limiti» se solo ci fosse un po’ più di «giustizia sociale». Fatto sta che il tema dei «confini» è tornato al centro del dibattito politico non solo per circoscrivere e delimitare ma per indicarci, psicologicamente, il nostro approccio con l’«altro»; con la «nuda vita» che si trova oltre i «confini» della polis e che secondo Giorgio Agamben è «uccidibile» e nello stesso tempo «la cui uccisione è non punibile». I «confini» ci dimostrano questo: il «limite» dello stato di diritto fa da sponda al regno dell’«arbitrario» … Almeno: questa è la visione dei sovranisti, dei conservatori e dei populisti …


 

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