Il popolo serbo ha ricordato e onorato così, i quattro uccisi al monastero di Banjska in Kosovo
Da Banja Luka a Pale, da Belgrado a Nis, da Strpce a Mitrovica, in quasi tutte le città serbe il popolo, le istituzioni, i partiti e le forze patriottiche, la Chiesa Ortodossa, hanno onorato e riconosciuto come caduti per la Serbia e la giustizia, i quattro uccisi a Banjska.
Nelle comunità serbe del Kosovo il 26, 27 e 28 settembre sono stati dichiarati giorni di lutto per la morte dei quattro serbi a Banjska. Decine di migliaia di persone hanno partecipato a veglie, commemorazioni e ai funerali. La gente ha partecipato con un pianto silenzioso e una profonda tristezza queste giornate. Nei tre giorni, tutti gli eventi pubblici che erano stati organizzati dagli enti e dalle istituzioni dell'autogoverno locale sono stati annullati e le bandiere ammezzate.
La loro morte indica chiaramente il livello divenuto quasi inaccettabile, per le condizioni di vita e sopravvivenza nella provincia, ma soprattutto la necessità assoluta e imprescindibile per il popolo serbo, di essere unito per cercare la giustizia, la libertà e una giusta e dignitosa pace. La tragedia avvenuta a Banjska, ha lasciato una cicatrice profonda nei cuori della gente serba in Kosovo e non solo, in tutti i contatti avuti in questi giorni, al di là di differenze politiche secondarie, la percezione e certezza in tutti, al di là di essere esponenti politici o della Chiesa, oppure semplici cittadini, è quella che i quattro caduti, pagando il prezzo più alto, la loro vita, lo hanno fatto per difendere i diritti e i focolari dell’intero popolo serbo, dalla logica di violenza di Albin Kurti e dei suoi seguaci. Ma anche per riaffermare il diritto inalienabile di vivere nella propria terra, con pari diritti umani, civili, politici e religiosi, come sancito dalla Carta delle Nazioni Unite. La risposta in ogni angolo di Serbia, Srpska e Kosovo è stata quella di piangere e onorarli come nuovi martiri del Kosovo.
Chi erano i caduti a Banjska
Stefan Nedeljković
Nedeljković nato nel 1992, lascia tre figlie, era considerato un giovane e un atleta estremamente esemplare a Zvečan e nei dintorni. E’ stato vincitore nel nuoto della gara Santa Croce nel lago Gazivode nel 2016, ed è stato onorato dal vescovo di Raška-Prizren Teodosije. A Mitrovica e Zvecan, ma non solo è ricordato come un uomo leale e giusto, credente e patriota, ma non ostile per preconcetto. Davanti alla sua casa hanno sfilato continuamente per esprimere le condoglianze alla famiglia. Per il suo funerale, dalla casa familiare di Stefan a Zvečan è iniziata una colonna lunga un chilometro, con familiari, amici, conoscenti e vicini. In silenzio hanno fatto un giro accanto alla chiesa di San Giorgio e da lì hanno preso gli autobus fino a Vrnjačka Banja in Serbia, dove è stato sepolto. Un gran numero di cittadini di Kraljevo hanno aspettato il corteo con il corpo di Stefan. Gli abitanti di Kraljevo hanno eretto una barricata e in completo silenzio hanno accolto il convoglio di veicoli con le torce accese in onore del serbo assassinato. “…Era una persona tale che avrebbe dato tutto per gli altri, un padre meraviglioso e altruista, e vedeva tutti come la sua famiglia. Questa è una perdita enorme per tutti noi. Non avrebbe mai lasciato indietro nessuno, si prendeva cura più degli altri che di se stesso. Sempre sorridente, spiritoso e positivo. Oggi è uno dei giorni più tristi a Vrnjačka Banja…”, così gli ha dato l’ultimo saluto l’amico dì infanzia Bojan.
Alcune persone indossavano magliette con la faccia di Stefan sorridente e che mostrava tre dita. Questo è esattamente il modo in cui la Serbia lo ricorderà per sempre.
Queste le ultime toccanti parole d’addio della moglie a Stefan:
“…- Sto ancora aspettando che qualcuno mi svegli da questo incubo... aspetterò il mattino. Non sarò patetica, so che non ti piacerebbe. Ho sperato fino all'ultimo momento che saresti uscito vincitore da quella foresta incantata. Perché tu sei così, il nostro supereroe da sempre, con un sorriso che illuminava la giornata di tutti. Eri l'uomo più coraggioso che conosco, con un cuore così grande, che non ha mai lasciato nessuno da parte, nemmeno quando il prezzo era la propria vita e che ti ha portato alla fine del nostro viaggio terreno…Sarai sempre il miglior papà del mondo e vivrai attraverso di loro in ogni secondo, ogni minuto e ora. Che Dio ti conceda il Regno dei Cieli. Possano gli angeli proteggerti, e tu proteggere da lassù i nostri tre miracoli e me, e dacci anche solo una frammento della forza che possedevi tu... Ti amiamo e vivrai finché i nostri cuori batteranno….”.
Igor Milenković
Igor, 50 anni era padre di tre figli, lavorava come autista di ambulanze nel Centro clinico e ospedaliero di Kosovska Mitrovica. Così lo ha ricordato un amico al cimitero del villaggio di Graničane, dove è stato sepolto: “…Igor era un mio collega, ma anche un combattente per la libertà di tutti noi. Che uomo è chi lo ha ucciso. E’ un l'ingiustizia, l'ha ucciso un criminale… Ha dedicato la sua vita ai poveri, e poi l'ha donata loro. La gente lo ricorderà così…un eroe del nostro popolo…”, ha detto il collega e amico di Igor.
Un gran numero di cittadini lo ha accompagnato fino al cimitero del villaggio di Graničane, dove è stato sepolto. Al funerale erano presenti i colleghi, medici e paramedici del Centro sanitario dove lavorava da anni. Una colonna di ambulanze si è unita al corteo. I colleghi hanno acceso le luci rotanti per rendere omaggio a Milenkovic.
Bojan Mijailović
Bojan anche lui ucciso a Banjska, lascia una moglie e due figlie, di una era diventato padre solo nove mesi fa. Così lo ha ricordato un amico fraterno: “…Mio fratello non se n'è andato, non ci ha mai lasciato, nemmeno adesso... Ha dato la vita a ciascuno di noi, a ciascun bambino, anche a ogni piccolo serbo che sta per nascere…”.
Tantissimi cittadini di Leposavić, dove viveva, lo hanno accompagnato al riposo eterno dalla sua casa al nuovo cimitero di Leposavic, dove è stato sepolto. Dietro il corteo dei suoi concittadini a piedi, c’era una colonna di veicoli lunga un chilometro. Durante la giornata del funerale, a Leposavic è regnato sovrano il silenzio, interrotto solo da grida e singhiozzi di dolore che scoppiavano improvvisi. Poi solo i suoni sordi della terra che ingoiava la cassa di legno, hanno squarciato il pesante silenzio e i singhiozzi, i gemiti delle persone a lui più vicine.
Di Bojan Mijailović va anche riportato che è stato assassinato a freddo mentre era per terra ferito e inerme, e già arreso. Come ha denunciato Petar Petković, direttore dell'Ufficio per il Kosovo e Metohija serbo, su autorizzazione della moglie, che coraggiosamente ha permesso di divulgare le foto del suo volto sfigurato. “…Bojan è stato ucciso brutalmente a sangue freddo da ferito e dopo essersi arreso. Dopo che le famiglie delle vittime hanno effettuato l'identificazione. La prima parola che ho sentito dall'avvocato è stata che Bojan era sfigurato. L'intera parte destra della sua testa era stata strappata via, un buco completo. Ciò poteva essere fatto solo sparando a distanza ravvicinata. Volevano nasconderlo. La Repubblica di Serbia ha le prove, sono parole e testimonianze vive, che Bojan Mijailović, padre di due bambini di 6 anni e 9 mesi, è stato ucciso a sangue freddo dopo essere stato leggermente ferito, è caduto a terra e si è arreso. È stato ucciso con un colpo in testa, mentre era sdraiato sulla schiena. Questo è ciò che la polizia del Kosovo voleva nascondere. Abbiamo le prove. Questo è ciò che volevano nascondere. La nostra richiesta di una commissione indipendente che esamini i corpi delle persone uccise è di fondamentale importanza…”, ha detto Petkovic.
Nella cappella più vicina, i familiari, come richiesto dalle usanze ortodosse, hanno vestito i loro cari, si sono cambiati i vestiti e poi li hanno accompagnati a casa per l'ultima volta.
Questo tragico evento non passerà ignorato. La loro azione per avere giustizia e libertà ha già trovato un suo posto nelle canzoni che già risuonano nelle comunità serbe di tutto il mondo. I loro nomi sono pronunciati con rispetto sui social network di tutta la Serbia e del mondo intero, i serbi con tristezza ma anche con orgoglio mostrano il loro rispetto per questi nuovi Obilići, custodi di focolari secolari, come sono stati definiti.
Essi hanno dato la loro vita senza fare calcoli, come disse il Principe Lazar: “…Non decido se andrò in battaglia secondo la dimensione della forza che mi minaccia, ma da quanto riesco a difendere…"
In Kosovo per i serbi c’è molto da difendere. I propri figli, le famiglie, gli amici, i focolari secolari e ogni centimetro della terra dove sono nati. Essi intendevano difendere tutti i bambini serbi, anche quelli a cui avevano sparato il giorno di Natale, gli stessi membri della "polizia" di Kurti che ora ha ucciso loro. Essi si sono alzati e hanno chiarito a Kurti e ai suoi scagnozzi, che non avrebbero più permesso che i loro fratelli e sorelle venissero maltrattati.
Come disse il vescovo serbo Petar II: “…Il lupo sulla pecora ha il suo diritto sull’uomo più debole. Ma mettere il piede sul collo della tirannia, portarla alla conoscenza dei diritti, questo è il dovere umano più luminoso.”.
Era scontata la reazione di chi ha rubato alla Serbia la parte più sacra del suo territorio e l’ha donata a chi sa solo distruggere diritti, utilizzare la violenza e opprimere i propri vicini. Demolire monasteri, chiese secolari e calpestare arrogantemente luoghi sacri di altri. Per l'ennesima volta le vittime sono state dichiarate criminali, ma da chi ha permesso e appoggiato tutto questo negli ultimi 24 anni, non ci si poteva aspettare altro. Le stesse potenze che da secoli terrorizzano i popoli di tutto il mondo, non conoscono e non riescono a capire cosa sia un desiderio di libertà di giustizia, e quanto si possa dare per essi.
LE REAZIONI nel popolo serbo
I cittadini di Kosovska Mitrovica hanno reso omaggio ai compatrioti uccisi
I tifosi della squadra di calcio del Radnički di Niš hanno salutato i serbi morti durante la sparatoria a Banjska srotolando uno striscione con il messaggio: "Gloria agli eroi serbi". Sulla piazza principale della città i tifosi con i cittadini di Niš, hanno acceso le candele in memoria delle persone uccise.
Così in tutti gli stadi della Serbia:
Belgrado, Stella Rossa
Partizan Belgrado a Krusevac:
“MEMORIA ALLE ANIME DEI CAVALIERI DEL NOSTRO POPOLO”
Borc di Banja Luka: I giocatori del Borc indossavano la fascia nera al braccio, come lutto per gli uccisi in Kosovo
Atene, Grecia, Olimpiakos
Hanno cantato "Il Kosovo è Serbia!" hanno anche alzato uno striscione sul quale era scritto il nome dell'assassinato Stefan Nedeljkovic e il messaggio "Gloria a Stefan e a tutti gli eroi caduti serbi!".
E così in Montenegro, Bulgaria, Slovacchia, Russia, Germania, Spagna e altri.