La ricerca di finanziamenti provenienti dalla Federazione Russa, finiti a partiti e personalità in corsa per le elezioni politiche italiane del settembre scorso, sono stati uno dei leitmotiv prima e durante la campagna elettorale.
A gridare «Al lupo!» i partiti che sostenevano l'esecutivo guidato da Mario Draghi, quasi tutti, che indicavano nei sostenitori morbidi della alleanza antirussa (leghisti in primis) i maggiori sospettati degli aiutini.
Anche in precedenza tutti i quotidiani nazionali di maggiore diffusione avevano fatto una campagna, svanita in pochi giorni nel nulla, con lo scopo di formare una lista dei filo putiniani d'Italia da mettere alla pubblica gogna.
Il fatto che in proposito nulla si sia poi saputo, testimonia che Putin aveva altro da fare.
Anche negli Stati Uniti d'America ci sono stati tentativi di delegittimazione del partito trumpiano dopo la sconfitta elettorale del 2020.
Ai primi di novembre 2022 Carlo Calenda, che aveva corso alle elezioni politiche con il cosiddetto Terzo Polo costituito da lui e da Renzi dopo aver rotto il progetto di «campo largo» con il PD, ha dichiarato a Bruno Vespa che il miliardario americano di origine ungherese George Soros aveva trasferito nelle casse del raggruppamento radicale «PiùEuropa» che fa capo ad Emma Bonino la bazzecola di un milione e mezzo di euro.
La notizia è quanto mai verace e ci ricorda che, a fronte degli improbabili flussi di rubli, i fiumi di denaro che condizionano le elezioni italiane, dalla fine della Seconda guerra mondiale fino ad oggi, si muovono sulla direzione transatlantica e nel verso Washington-Roma.
Spiazzati dalla dichiarazione di Calenda, la Bonino ed i suoi amici hanno dovuto ammettere, sia pure zigzagando, il rilevante accredito.
Sentiamoli: «Più Europa non ha ricevuto contributi da Soros, che altrimenti sarebbero già pubblicati. Comunque, il rendiconto elettorale della lista e dei candidati sarà ovviamente presentato nei tempi e nei modi prescritti».
Poi però, di fronte alle insistenze del giornalista, riferite anche alla possibilità che contributi possano essere andati a singoli esponenti presentatisi alle elezioni, Della Vedova corregge il tiro ed è costretto a precisare: «Alcuni candidati di Più Europa - è la posizione ufficiale del partito - hanno ricevuto un contributo diretto da parte di George Soros per le spese della campagna elettorale».
A noi, che proveniamo dalla Calabria più sudista, la dichiarazione di Della Vedova ha fatto venire in mente gli anni Sessanta del secolo scorso quando nella nostra regione i giovani che venivano arrestati perché andavano in giro armati di pistola, allora si rischiavano al massimo pochi mesi di carcere e condanne sospese, avevano una giustificazione quasi ciclostilata: «L'ho trovata e stavo per andare a consegnarla alle forze dell'ordine!»
Come altrimenti valutare quella dichiarazione che «il rendiconto sarà presentato nei tempi e nei modi prescritti»? E perché gli elettori, di PiùEuropa e del PD, non debbono sapere in anticipo come vivono i partiti per cui votano?
Se l'informazione italiana, cartacea o televisiva che sia, non fosse una «grande mezzana» (la definizione, riferita ovviamente alla stampa del suo tempo, risale a Karl Kraus e si riferisce all'Austria di inizio Novecento) che vive degli stipendi e delle briciole, a seconda del calibro del destinatario, della società capitalistica, si sarebbe buttata sulla notizia e non avrebbe mollato l'osso fino a quando non fosse stato messo in chiaro:1) il mittente e il destinatario del bonifico; 2) la banca che ha effettuato il trasferimento; 3) come è avvenuto, se è avvenuto, il frazionamento; 4) come sono state spese, e se sono state tutte spese, quelle somme; e, infine, 5) il regime fiscale a cui vanno sottoposti quei contributi o, in ogni caso, le parti residuali di essi.
Ma George Soros ha avuto un ruolo di finanziatore verso altri movimenti politici europei che, sul crinale della fine degli anni Ottanta del secolo scorso, portarono alla caduta del muro di Berlino e delle società dell'Europa orientale che facevano capo al patto di Varsavia; e, in anni più vicini a poi, al colpo di stato cosiddetto di «EUROMAIDAN» che ha portato alla caduta del legittimo governo di Viktor Janukovyč nella Kiev della primavera 2014.
Sempre lo stesso Soros ha finanziato la campagna elettorale di Joe Biden nelle presidenziali americane del 2020 con la bellezza di 124 milioni di dollari.
Da dove sono venute al cosiddetto «magnate» ungaro-americano queste fiumarate di soldi con cui da diversi decenni finanzia attività politiche in America e in Europa?
Magna pars di quelle somme provengono da speculazioni sulle turbolenze monetarie che lo stesso Soros è in grado di provocare e di cui, allo stesso tempo, ha approfittato ed approfitta.
Anche la moneta italiana è stata sotto attacco del fondo Quantum di proprietà di Soros: il 16 settembre 1992 la lira fu costretta ad uscire dallo SME e a rimanere in balia della speculazione. E Soros, che vi guadagnò molto, mai si pentì di quella prodezza o di altre simili: «Gli speculatori fanno il loro lavoro, non hanno colpe - ha dichiarato a Huffington Post 12 luglio 2013 - Queste semmai competono ai legislatori che permettono che le speculazioni avvengano. Gli speculatori sono solo i messaggeri di cattive notizie.»
Da inizio 2009 sono presenti nei mercati finanziari di tutto il mondo delle «cripto-valute», cioè delle monete virtuali create da un singolo o da più operatori finanziari che ne nascondono l'algoritmo di costituzione sfidando altri operatori finanziari a scoprirlo; chi, a prezzo di calcoli che richiedono grande dispendio di energie, scopre il sistema con cui viene creata la criptovaluta riceve un compenso per la sua scoperta pagato sempre con la stessa cripto valuta.
Ora questo sistema tardo-capitalistico, che è l'unico a garantire ricchezza agli otto miliardi di esseri umani che occupano il pianeta, ha creato un mercato per queste cripto-valute, la più famosa è il cosiddetto bitcoin, nel quale si sono tuffate le istituzioni finanziarie e gli speculatori: compra-vendendo questi titoli virtuali si è creato una montagna di «circolante» su cui si sono precipitati molti sprovveduti che, disponendo di rilevanti somme da investire, si sono fatti attrarre dai facili guadagni che sono stati loro prospettati.
L'aumento della domanda di bitcoin ne ha portato alle stelle il valore ed ora, per le famose leggi di mercato legate alla saturazione della domanda, alle vendite del titolo che gli investitori fanno per trasportare dal mondo virtuale al mondo reale gli utili conseguiti, si è determinata una crisi di cui non si scorgono facilmente i confini.
Questi ladroni internazionali, certificati dal sistema borsistico, sono stati agevolati dalla loro generosità verso i sistemi e i partiti politici; ad esempio, i democratici americani hanno beneficiato, nelle elezioni di midterm dei giorni scorsi, del finanziamento della company FTX per la somma di 77 milioni di dollari («Verità&Affari», 13 Novembre); più della metà, quindi, di quelli che aveva investito Soros nel sostegno ai democratici.
La FTX e il suo titolare, Sam Bankman-Fried, assolutamente nuovi a questo genere di attività, si proponevano «di passare alla storia americana come il più grande sostenitore del Partito democratico, puntando a raggiungere il miliardo di dollari di donazioni entro le presidenziali del 2024. Molti candidati sostenuti da FTX hanno presentato leggi nel 2022 a favore delle cripto valute» (Franco Bechis, Cripto: i soldi veri a Biden, «Verità &Affari» 13 novembre 2022).
Ora sembra che «intanto monta il dibattito per accelerare i tempi in merito ad una più severa regolamentazione» (Vito Loops su «Il Sole 24ore» del 13 novembre); anche Biden, dunque, ha trovato la pistola per strada e la stava portando in questura.
Su «Il Manifesto» del 13 novembre 2022 Luigi Pandolfi precisa le cose e minimizza: «L'antefatto è che FTX aveva trasferito 10 miliardi, dei 18 raccolti dai clienti, alla consociata Almeida Research (società di trading della famiglia del fondatore di FTX) che, a sua volta, li avrebbe utilizzati per scommesse a rischio»; a margine l'articolista ci informa che già per la campagna elettorale di Biden del 2020 FTX aveva trasferito a Biden «5,2 milioni di dollari; la seconda donazione per ordine di grandezza dopo quella di Michael Bloomberg. L'operazione si è ripetuta anche alle ultime elezioni di Midterm, con 39,2 miliardi versati ai candidati democratici più vicini alle sue idee.»
Chissà da dove ha preso Luigi Pandolfi quella cifra di 39,2 milioni che è, grosso modo, la metà di quella riportata dal giornale economico «Verità&Affari».
A proposito de «Il Manifesto», non ricordo di avervi letto la notizia dei soldi di Soros alla Bonino. Devo essermi distratto. Ma ho interrogato gli archivi informatici e non ho trovato alcuna risposta. Se nulla è stato scritto, come sembra, non si è voluto fare uno sgarbo alla Bonino?
Stampa mezzana, anche in questo caso!
A proposito della Bonino e del raggruppamento «PiùEuropa» dobbiamo registrare che, dopo che la notizia del milione e mezzo di euro era stata diffusa da Calenda, ha postato su Fb una bella foto di Soros accompagnata dal testo:
GRAZIE GEORGE!
In questi giorni sulla stampa si è parlato del finanziamento di George Soros ad alcuni nostri candidati durante la campagna elettorale.
Non solo confermiamo tutto, ma lo rivendichiamo: con Soros abbiamo una consolidata e duratura condivisione dei valori politici liberali e democratici e una comune visione europeista.
E rivendichiamo il suo sostegno alle nostre battaglie, che sono comuni con lui, per i diritti umani e civili, per l'antiproibizionismo, per lo Stato di diritto. E lo ringraziamo per quello che fa.
- Come abbiamo sempre fatto, renderemo pubblici i nostri finanziamenti nei tempi e nei modi previsti dalla legge.
Bello il PS.
«La pistola l'abbiamo trovata per terra e stiamo andando a consegnarla in questura».