Domenica, 07 Luglio 2024

                                                                                                                                                                             

 

                                                                                                                                                                                                          

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IL NUOVO SUD DI GIUSEPPE GANGEMI

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Famose sono quelle di Copernico che ribalta la concezione astronomica tolemaica, quella di Immanuel Kant che rovescia la metafisica tradizionale oltre che quella di Karl Marx che inverte il dettato sommo di Hegel. Si sta parlando, ovviamente, delle grandi «rivoluzioni» del pensiero. Giuseppe Gangemi, in questo suo Un nuovo Sud (Corrispondenze di un’intellettuale di provincia, Città del Sole, Reggio Calabria, 2024) attua un’altra di queste «rivoluzioni». Egli, infatti, si pone come pensatore veramente rivoluzionario (ovvero come colui che cambia, modifica e sconvolge, altera e stravolge qualcosa) rispetto alla corrente «narrazione» che insiste, persiste e resiste a vigere intorno al divario tra il Nord e il Sud dell’Italia.  Non si tratta, in questo caso, di ravvisare nell’autore un intento negazionista (non c’è nulla da negare: la «narrazione» dei giornali, delle televisioni, dell’editoria, dei siti Internet, della radio, del cinema e del teatro data dal Nord Italia rimane inossidabile e, come direbbe il filosofo Maurizio Ferraris: “inemendabile”). Tutt’altro, dunque! Si tratta di rivoluzionare! Di cambiare le carte in tavola! Di scompaginare! Di cambiare gioco! E il gioco, in questo caso: qual è? Intanto, c’è stata la conquista sabauda e, dal 1861 in poi, la nascita dell’Italia che assume l’assetto monarchico e liberale del Piemonte. Ma il successo dei Savoia è stato pagato dal Sud. Sono state depredate le sue risorse e le sue strutture. Si sono avvicendati governi sempre più oppressivi e favorevoli al «resto dell’Italia» (cioè, al centro-Nord). Sono state estinte le fiorenti industrie del Regno delle Due Sicilie. Si è alternata sulla scena tutta una serie di politiche liberticide e discriminatorie. Si è attuata una colonizzazione interna che ha ridotto il Sud a mercato di consumo dei prodotti del Nord, a riserva di manodopera e a raccolta del risparmio. La famigerata «Questione meridionale», come si sa, racconta di un «divario»! E fa un po’ ridere che oggi (a causa del magistero del filosofo Gianfranco Miglio,  filtrato in sede politica dal partito della Lega Nord di Umberto Bossi e continuato dagli epigoni di costui) si parli, invece, di una «Questione settentrionale»; il Nord si sarebbe visto pregiudicare alcune sue proprie prerogative a causa di decisioni (a dire dei fautori di tale corrente di pensiero) infauste da parte del governo centrale che, nientemeno, avrebbero privilegiato (nella spartizione delle risorse, evidentemente: economiche) nientemeno più il Sud che il Nord! Insomma, davvero tanta confusione …  Una confusione che Gangemi, con una penna affilata e «potente», tende a dipanare. Intanto, dalle pagine di questo libro (e ciò costituisce la radice del «ribaltamento» rivoluzionario operato dall’autore) non esiste alcuna «questione meridionale», perché anch’essa è frutto di una «narrazione» orchestrata dalla politica, dalla società ma soprattutto dal gigantesco «circo mediatico» gestito, prodotto e localizzato al   Nord! La cosa che sta a cuore a Giuseppe Gangemi non è, come detto, di «negare» proprio nulla (e, in questo senso: questo libro non può davvero essere definito come «negazionista»), ma di rimettere ogni cosa nel suo giusto posto! Intanto: il Meridione vuol dire mafia, ma ci sarà una ragione per la quale la mafia è nata, si è sviluppata e si è, poi. diffusa. Poi: il Meridione vuol dire ritardo economico, ma tutto questo non può essere ascritto solo a fattori geografici o climatici (come vuole la solita “narrazione” dominante). Infine: il Meridione vuol dire arretratezza, degrado, carenza di servizi e di strutture - ma se ciò è vero lo è perché una determinata politica c’è stata e un’altra, invece, non c’è stata. Giuseppe Gangemi «ribalta» la «narrazione» nordica imperante dimostrando, punto per punto, che non si tratta di «negare» ma di ordinare; fare i conti con la realtà nella sua esattezza e crudezza; ripristinare la verità storica. L’intento «rivoluzionario» di questo libro è dunque configurabile nella messa in campo di un sistema preciso che regolerebbe lo «stato delle cose», il quale a questo punto risulterebbe «mutato». Gangemi ci informa della floridezza del Regno delle Due Sicilie allo stesso modo col quale ci spiega la grandezza di poeti e artisti calabresi. Gangemi ci rende edotti del degrado allo stesso modo con il quale ci tiene al corrente delle risorse del Meridione. Questo libro, dunque, è un’escursione su una sorta di «controstoria» che nasce da un «aggiustamento». Le cose ci stanno venendo «raccontate in un modo»: decostruiamo questa «narrazione» e troviamo un «assetto plausibile»: ci accorgiamo, allora, che le cose stanno, adesso, in un altro modo.


 

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